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Presidenziali in Turchia: rischio di svolta autoritaria?

Il discusso leader turco Recep Tayp Erdoğan vince come previsito le prime elezioni presidenziali a suffragio universale e si appresta a conferirsi maggiori poteri.

Un risultato largamente anticipato da tutti i sondaggi quello emerso dalle urne domenica in Turchia: l’attuale premier Recep Tayp Erdoğan passa il primo turno con il 52% delle preferenze e diventa il nuovo presidente del paese. Forse anche per il fatto che tutti si aspettavano tale risultato , due milioni di turchi questa volta non hanno partecipato al voto e forse anche per la data , il 10 di agosto, giorno quantomeno insolito quello scelto per le prime elezioni presidenziali a suffragio universale diretto del paese.

Un appuntamento in cui per l’ennesima volta le opposizioni hanno mostrato tutta la loro debolezza e inconsistenza: fallito il tentativo di opporre un candidato “ecumenico” da parte della coalizione Frankenstein riproposta fra CHP, il principale partito di opposizione laico, nazionalista e suppostamente anche di sinistra, e il MHP, partito ultranazionalista di destra: Ekmeleddin Ihsanoglu, professore conservatore sconosciuto ai più nonostante un curriculum accademico e professionale prestigioso, con il suo profilo di musulmano moderato e di intellettuale ineccepibile, si proponeva sia di pescare nel bacino elettorale religioso di Erdoğan sottraendogli consensi, sia di rappresentare quella parte del paese preoccupato per il ritorno dell’Islam politico e di un irrigidimento della società. Religioso si ma rispettoso della tradizione laica del paese, nazionalista anche ma a favore del processo di pace con i Kurdi: una strizzatina d’occhio a tutti in nome dell’ unità che non ha funzionato: un risultato, il 38%, inferiore a quello che i due partiti congiuntamente hanno preso nelle elezioni amministrative svoltesi il 30 marzo di quest’anno.

E’ andata meglio al terzo candidato in lizza, il giovane avvocato Kurdo Selamahattin Demirtaş, sostenuto dall HDP, un’altra coalizione ,quella fra il partito filo kurdo e le sinistre radicali: il suo 9% quasi raddoppia il risultato delle amministrative dove la coalizione aveva fatto il suo esordio, e introduce nello scenario politico turco degli elementi nuovi e, da un punto di vista di sinistra, gli unici incoraggianti.

Il sogno di Erdoğan, che in quanto ad ambizione non è secondo a nessuno, è quello di essere ricordato alla stregua di Mustafa Kemal Atatűrk, il padre fondatore e simbolo della Turchia moderna : fatto sta che nella sua maggioranza, il popolo turco ha sicuramente collocato il discutibile leader nella storia del paese, coronando una carriera politica in crescendo che dura da 12 anni e che non si è stata scalfita da accuse di autoritarismo e repressione violenta, scandali corruzione, malcelato conservatorismo religioso.

La vera battaglia comincia adesso, e gli esiti sono incerti: la carica di presidente della repubblica per quanto prestigiosa, è al momento sostanzialmente rappresentativa: è timore fondato delle opposizioni e mai celata intenzione dell’attuale governo, operare un cambiamento nel parlamento che conferisca maggiori poteri al presidente: considerata l’ indole del neo eletto è difficile immaginarlo accontentarsi di un ruolo defilato nello scenario politico: ed è tutto da vedere se e come Erdoğan nei 5 anni che ha davanti come presidente otterrà la riforma costituzionale necessaria. Intanto si vocifera di elezioni politiche anticipate a novembre di quest’anno.

L’inquietudine nei confronti di una possibile ulteriore torsione autoritaria serpeggia dalle opposizioni a quella parte di società laica e progressista che non ha mai visto di buon’occhio l’ascesa di un leader religioso, intollerante,megalomane e che durante e dopo le rivolte di Gezi Park, ne ha assaggiato la mano pesante. Nel frattempo nel suo discorso di esordio il neo presidente utilizza un tono più conciliatorio che trionfale, parole più inclusive che aggressive: d’altronde siamo in un momento in cui l’avanzata degli Jihadisti dello stato islamico, che Erdogan è stato accusato più volte di sostenere economicamente e militarmente, oltre a seminare terrore nel levante, è alle porte sia geografiche che politiche della Turchia: un bel grattacapo per un paese che nei confronti di questa questione ha lunga ed articolata coda di paglia: quindi per il momento meglio non esagerare con le crociate religiose.