MONDO

Messico: il mondo indigeno in resistenza

Intervista a Mikeas Sanchez, attivista di etnia Zoque, che racconta le lotte contro l’estrattivismo di un popolo dimenticato ed emarginato, in un Paese devastato dalla violenza politica.

In un Messico travagliato da violenza politica, sfruttamento selvaggio del territorio e, ultimamente, terremoti, si avvicina l’anno delle elezioni presidenziali. In vista di questo appuntamento, per la prima volta nella storia del paese, le popolazioni indigente, grazie allo stimolo dell’EZLN, sono riuscite a riunirsi in un Congresso Nazionale Indigeno (CNI) realmente rappresentativo. Il CNI ha permesso non solo di scegliere una rappresentante candidata per le elezioni, Marychuy, ma sopratutto ha facilitato la messa in rete, per la prima volta, delle diverse istanze delle popolazioni originarie, dando visibilità mutua a lotte e resistenze altrimenti dimenticate ed emarginate. Tra le varie etnie che si sono unite al CNI, vi è anche il popolo indigeno Zoque originario di una zona a nord della capitale dello stato del Chiapas, Tuxla Gutierrez. Una zona talmente remota e dimenticata che non era stata neppure coinvolta nella rivolta zapatista del 1994. Abbiamo incontrato Mikeas Sanchez, poetessa e attivista del “Centro de Lengua y Cultura Zoque”, di passaggio a Roma durante un giro politico per l’Europa, per raccontarci la loro resistenza a progetti estrattivisti e la loro partecipazione al CNI.

Cosa puoi racontarci del tuo popolo?

Noi Zoques siamo originari di una vasta zona che includeva anche stati limitrofi (Veracruz, Tabasco, Oaxaca) ora siamo rimasti solo in una zona chiamata Valle Zoque, al nord del Chiapas, composta da 12 municipi. La nostra resistenza dura da più di 500 anni, ed è composta dal fatto di parlare la nostra lingua, mantenere abitudini tipiche e rimanere contadini. Infatti anche se alcuni di noi sono riusciti ad andare all’università, abbiamo mantenuto vivo il desiderio di ritornare alla nostra comunità e infatti siamo tornati in tanti. Molti poi, nel 1982 quando il Vulcano Chichonal ha eruttato, hanno dovuto fuggire dalla valle, ora e sono dispersi in varie parti del mondo, ma rimangono attenti a quello che accade alla nostra popolazione, e c’è nostalgia.

Quali sono le resistenze che attualmente state portando avanti?

Ora stiamo affrontando varie minacce, quella più immediata riguarda l’estrazione di idrocarburi. I primi ad aiutarci e a dirci cosa stava avvenendo sono stati proprio alcuni zoque che erano migrati dalla valle. Alcuni di loro ci hanno avvisato che per opere di estrazione di idrocarburi vi era la minaccia concreta di trasferire forzatamente la popolazione di alcuni municipi, anche se non c’era stata nessuna consultazione seria della popolazione coinvolta, ma solo l’ordine di iniziare questi lavori. Ci siamo allora organizzati assieme a loro per capire come fermare questa minaccia. Gli idrocarburi che vogliono estrarre sono sopratutto olii combustibili e gas metano. Li sottraggono dalla terra in una zona interamente montuosa e coperta da foreste. Prima che arrivasse questo progetto c’erano già alcune miniere e l’avvento dell’allevamento estensivo. Ci sono comunità in cui si è passati dall’agricoltura allo sfruttamento per fini di allevamento (di carne che poi viene esportata). Questo è un passaggio fondamentale, perché l’estrattivismo è sempre favorito dalla riduzione della vegetazione a causa degli allevamenti.

Torniamo agli idrocarburi, come vogliono poter sfruttare quelli del Valle Zoque?

E’ stato fatto un bando pubblico chiamato Ronda 2.2. Esso è finalizzato a permettere alle imprese vincitrici di ottenere le concessioni per l’estrazione. Questa Ronda 2.2 riguarda lo sfruttamento di tutti 12 i municipi zoque. Abbiamo allora iniziato un movimento di protesta, 10 mesi fa, per provare a bloccarla.

A che punto sta ora il movimento?

La Ronda è solo ferma, non è stata cancellata. Stanno cercando maniere alternative per entrare nelle comunità. La Ronda si è fermata grazie alla protesta sociale. Giusto prima della manifestazione di massa nella capitale, il Ministero dell’Energia affermato che la Ronda era annullata a causa delle proteste sociali in corso. Hanno poi detto che non avrebbero colpito le popolazioni locali e che avrebbero svolto il progetto di estrazione nel modo più rispettoso.

E quindi come faranno? Corrompendo la gente?

Recentemente il commissario ejidale (il rappresentante dell’ejido, cioè del terreno condiviso secondo la tradizione indigena ndr) ha ricevuto la visita della Commissione Nazionale per lo Sviluppo dei Popoli Indigeni (CDI), perché la SENER (Ministero Energia) deve trovare un contatto con la popolazione indigena, in questo caso utilizzando la CDI e la Commissione Nazionale Idrocarburi. Questi si sono recati dal commissario nel mese di Giugno chiedendo di firmare un documento datato mese di maggio. Lui è un attivista della comunità che ha lavorato duramente contro il progetto. Non gli hanno dato soldi ma hanno cercato in tutti i modi di convincerlo dicendo che non sarebbe successo nulla, che il progetto era buono e che la firma era solo un protocollo. Non ha firmato né lui né altre comunità a cui si sono rivolti. Le comunità con le loro assemblee hanno deciso che le imprese non sarebbero entrate.

Useranno altri strumenti per entrare comunque?

Secondo la legge energetica (una delle riforme strutturali decise da Enrique Pena Nieto ndr) le imprese possono entrare nelle comunità e iniziare lo sfruttamento del terreno sempre e quando queste rispettino le popolazioni locali. Ovviamente questo non accade in modo legale ma solo con corruzione e pressioni indebite. Oppure hanno organizzato consultazioni fasulle, senza traduttore in lingua, o con solo pochi partecipanti. Allora per resistere, in virtù del convenio 169 della OIL, stiamo organizzando delle autoconsulte, cioè senza aspettare che l’impresa ci chiami e ci chieda di esprimere il nostro parere, ci autoconvochiamo e diciamo noi in prima persona come la pensiamo, così quando arriverà l’impresa con le sue pressioni potrà solo prendere atto della nostra scelta.

Quali imprese sono già interessate allo sfruttamento della zona?

Le imprese che vogliono entrare nella comunità sono canadesi, colombiane, e messicane, fino ad ora. In questi giorni siamo in questo giro in Europa perché vogliamo convincere i parlamentari europei e per esprimere la nostra forte contrarietà a questo sfruttamento, sappiamo i danni che esso provocherà all’ambiente, sappiamo che provocherà inquinamento e danni alla salute. La legge di riforma energetica spalanca la porta a queste opportunità, attualmente nessuna impresa di paesi europei si è dimostrata interessata ma crediamo che a breve anche loro manifesteranno il loro interesse perché la possibilità di profitto è grande, sopratutto le imprese spagnole che trattano il tema degli idrocarburi.

Quali sono le reti che vi hanno appoggiato il Messico?

Abbiamo ricevuto molta solidarietà da molte persone di diversi luoghi del Messico. C’è stato molto appoggio da parte della gente di Tuxla. Sanno che siamo alle origini del popolo chiapaneco. Al corteo più importante, a Tuxla, c’erano 6000 persone, molti di questi sono abitanti della città e la marcia è stata molto piacevole. Davanti a tutti c’erano sacerdoti cattolici. La cosa bella è stata che nessuno ha abbassato le serrande dei negozi al nostro passaggio e c’era molto appoggio anche da parte della chiesa cattolica locale che è contraria ai megaprogetti estrattivisti.

Il popolo Zoque tra i più emarginati, è stato anche tra i più esclusi e discriminati, per tante ragioni. Ora invece il commissariato ejidale è stato invitato e ha partecipato al Congresso Nazionale Indigeno (CNI). E’ importante che in quello spazio ci sia stata partecipazione allargata di tutti i popoli indigeni messicani e che abbiamo potuto portare le nostre istanze e condividerle. E’ stato anche importante che partecipassimo alla elezione della rappresentante indigena per le elezioni presidenziali, Marychuy. Crediamo sia molto importante che ci sia una nostra rappresentante in politica perché storicamente c’è una rimozione profonda delle origini del popolo messicano. Inoltre avere indigeni deputati al congresso permetterebbe di porre la questione dell’estrattivismo e delle ripercussioni per le comunità, nessun altro partito lo farà. Per tanti anni si è scelto di escludere i popoli indigeni dalla partecipazione politica relegandoli ai margini. Io faccio parte della prima generazione di indigeni che ha potuto frequentare l’università. La popolazione indigena non ha avuto accesso all’educazione e per questo non ha potuto partecipare alla vita politica.

Quale vessazioni subite dallo stato per la vostra resistenza?

Sono stati emessi 32 ordini di cattura verso attivisti e difensori del territorio, una di loro Silvia Juarez è stata incarcerata per trenta giorni. Ci sono state proteste, manifestazioni e finalmente è stata liberata. La situazione nel paese è terribile, ogni giorno uccidono qualcuno, nelle comunità non si sono ancora visti paramilitari ma ci fa paura questa situazione di violenza. Dall’inizio del governo di Pena Nieto ci sono stati 28.000 casi di desaparicion forzada.

La lotta del popolo Zoque è una delle resistenze al centro del documentario “El secreto de la Belleza” prodotto da Recommon e K’uxaelan, che verrà presentato a Roma, il 30 novembre al Detour e a La Città dell’Utopia, il 7 dicembre.