ROMA

Mappe della libertà e mappe del terrore

Città rappresentate e città vissute, luoghi dove la violenza colpisce e luoghi dove si definisce un’abitare solidale. Uno sguardo di parte e di donna su movimenti femministi e spazi urbani.

Disegnare non è mai un’operazione neutra. Ancor più quando si tratta di una mappa. I segni che vengono tracciati segnano l’idea che si ha del mondo, contribuiscono alla sua trasformazione. Per questo le mappe più che disegnate vengono incise per far sentire a quei fogli che verghiamo con il peso del nostro corpo la nostra presenza. Nel tracciare le linee e i simboli rappresentiamo anche quello che appare invisibile, l’impronta della città.

Una carta è la rappresentazione grafica del conoscere il mondo. Lì è possibile leggere nel disegno astratto del territorio, la cultura e le istanze sociali delle persone che lo abitano. La carta è un modo di guardare il mondo, per questo è importante la sua carica immaginifica. Tutti disegniamo mappe. Continuamente anche se ci diciamo che non ne siamo capaci. Il potere ha sempre controllato la cartografia. Dopo ogni conflitto i vincitori hanno segnato nuovi confini in cui hanno voluto rinchiudere le stesse vite dei “vinti”.

È possibile disegnare una mappa che rappresenti la violenza in ogni suo aspetto e consenta, per sfuggirne, di individuare luoghi sicuri?

Si aprono i giornali. Si vedono grafici che pretendono di fare proprio questo.

L’estate che sta per finire è stata segnata da storie di violenza contro le donne. Purtroppo nulla di nuovo se si pensa che in Italia, lo scorso anno, le vittime del femminicidio sono state 145, di cui 120 uccise dal marito, dal fidanzato o dal convivente. E poi ci sono gli stupri che, secondo i dati del Viminale, sono 11 al giorno. Ma l’Istat rileva che il 90% delle violenze sessuali non viene denunciato.

Scattano puntuali sui giornali vademecum di ogni tipo destinati alle donne affinché possano difendersi dalla minaccia. Consigli sull’abbigliamento, su cosa consumare al bar, sui mezzi di trasporto e così di seguito in un crescendo che arriva a mostrare mappe della città. Lì sono rappresentati, con diversi colori, i quartieri più pericolosi, le zone a rischio, le strade da evitare e insieme i luoghi sicuri….

La geografia del terrore rappresentata da quella cartografia non ha nessuna rispondenza con la realtà, non descrive la città nella quale viviamo. Piuttosto contribuisce all’operazione di costruzione di un’immagine urbana fatta di luoghi di esclusione e marginalità. La periferia è il luogo da cui fuggire, salvo poi scoprire che sulle scale del Campidoglio una giovane turista belga è sfuggita ad un tentativo di stupro.

La città nella quale viviamo è stata costruita contro la comunità insediata, senza un immaginario di riferimento per la definizione dell’abitare. Il valore della qualità della vita è stato sostituito dal valore del mercato, divenuto l’unico metro per le trasformazioni urbane.

La diseguaglianza sociale e il disastro ambientale sono oggi la vera mappa della città. Detriti, rovine, manufatti incompiuti spuntano ovunque, ovunque lasciati lì fino a quando non potranno essere utilizzati per produrre valore.

È nell’intero spazio urbano che si dispiega la violenza che ci costringe ad un lavoro precario, a sofferti spostamenti attraverso una rete di trasporto del tutto insufficiente, all’affannosa ricerca di una casa e tanto altro.

Lo spazio pubblico non esiste più, cancellato insieme alla cultura della solidarietà e della condivisione. La città è per questo diventata insicura per tutte e tutti.

La mappa che appare sul giornale, rappresenta la visione del mondo che vogliono imporci. Intingono le loro penne nell’inchiostro della paura per restringere ogni spazio di libertà.

Esiste un’elaborazione politica da parte del movimento femminista che individua la violenza come questione strutturale e rivendica l’autodeterminazione come autonomia economica, riappropriazione di welfare e libertà di movimento.

Questo rappresenta la costruzione di un nuovo immaginario urbano, dal quale partire per disegnare le nostre mappe.

Sarà possibile segnare quali sono i luoghi dove la violenza colpisce, ma contemporaneamente nelle nostre mappe compariranno isole dove è stato ricostruito un abitare solidale, dove la violenza non compare.

Ed è da lì che bisogna partire per reinventare la bellezza dello spazio che abitiamo.