ROMA

«Mai più senza casa». 15mila in corteo a Roma

Una manifestazione imponente ha attraversato Roma, rispondendo agli sgomberi delle scorse settimane. Rifugiati e italiani, fianco a fianco per il diritto alla casa, per la dignità e per una città aperta e solidale. Istituzioni rimandano l’apertura di un tavolo, rifugiati rimangono in presidio permanente accanto a piazza Venezia.
[ENGLISH VERSION: «Never again without a home». 15k people parade in Rome]

«Hanno caricato con l’idrante la gente che dormiva», la testimonianza dell’inizio delle cariche

A piazza Indipendenza non basta fare il tifo

Quando il serpentone scende su via Cavour, la percezione dell’imponenza del corteo diventa chiara a tutti. Almeno 15mila persone, forse anche di più. In testa eritrei ed etiopi sgomberati dal palazzo di via Curtatone e protagonisti di intensi giorni di lotta e resistenza. Tantissime le donne, in prima fila e al microfono. Poco più indietro, un grande spezzone del movimento di lotta per la casa, aperto dallo striscione: “La lotta per la casa non ha confini”. E poi centri sociali, associazioni, la rete Decide Roma, i lavoratori migranti organizzati dal sindacato USB e tantissime persone solidali, che da tutta Roma hanno scelto di partecipare al corteo per portare solidarietà ai senza casa. Verso la fine si è visto anche un monaco francescano col saio, salutato dal microfono da un attivista.

È questa la risposta della Roma migliore a chi in questo torrido agosto ha buttato per strada centinaia di persone: prima sgomberando 80 nuclei familiari dal palazzo di via Quintavalle, a Cinecittà, e poi attaccando i rifugiati in piazza Indipendenza. Nessuna soluzione politica, soltanto manganelli e idranti. «Siamo esseri umani, in fuga da guerre, dittature e fame. Meritiamo rispetto. Avevamo trasformato un palazzo vuoto in una casa, senza elemosinare niente da nessuno. Ci hanno sbattuto fuori con violenza. Adesso cosa dovremmo fare? La casa deve essere un diritto per tutti», dice un ragazzo dal microfono. «Se lo Stato italiano non vuole trattarci come esseri umani, non vuole garantirci i diritti fondamentali, ci faccia andare via. In tanti abbiamo provato a lavorare in altri Paesi europei, ma siamo stati rispediti indietro per colpa del regolamento di Dublino. Il governo usa la mano dura contro di noi, che siamo poveri, ma è lo stesso governo che ha firmato le leggi che ci intrappolano qui», dice un altro.

Tanti i temi emersi dagli interventi che hanno scandito la mobilitazione: casa e diritti sociali per tutti; libertà di movimento; rifiuto delle politiche assistenzialiste; richiesta di liberazione di tutte le persone arrestate, tre uomini e due donne (queste ultime sarebbero state scarcerate oggi). Un ex occupante ha risposto con forza alle accuse della procura, secondo cui all’interno del palazzo venivano richiesti degli affitti: «Chi aveva dei soldi partecipava alle spese di pulizia e di manutenzione dell’edificio, ma nessuno ha mai chiesto nessun affitto. Tanti degli occupanti sono disoccupati e quindi non hanno neanche soldi».

Il corteo si è concluso in piazza Venezia, davanti a una fila di blindati che chiudevano via dei Fori, mentre la polizia a cavallo “occupava” lo spiazzo di Madonna di Loreto. I manifestanti hanno chiesto l’apertura di un tavolo inter-istituzionale con Comune, Regione e Prefettura, con lo scopo di trovare una soluzione reale per le centinaia di persone costrette da giorni a dormire in strada. Ancora una volta le istituzioni hanno scelto di nascondere la testa sotto terra. Per bocca dei funzionari di piazza hanno rimandato la decisione sul tavolo al prossimo lunedì, forse anche per provare a negare la legittimità a trattare a partire dalla forza espressa dalla mobilitazione. In risposta, gli sgomberati di piazza Indipendenza hanno deciso di mantenere un presidio fisso in piazza Madonna di Loreto, al lato di piazza Venezia, con alcune persone accampate. Attenderanno lì che il tavolo venga accettato. Per non scomparire, per rimanere uniti, per portare sotto i palazzi del centro della città l’effetto delle politiche scellerate di sgomberi e repressione. Saranno a pochi metri dalle famiglie cacciate dall’occupazione di via Quintavalle: anche loro dormono da giorni per strada, in piazza Santi Apostoli, in attesa di risposte da parte delle istituzioni.

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