DIRITTI

La retorica della democrazia e la parola della piazza

Sulla contestazione di Salvini a Genova due giorni fa. Periodo di elezioni, si sa. La politica istituzionale si vede in piazza soltanto quando ha qualche poltrona da difendere o da accaparrarsi.

Ciò che è successo ieri per le strade del centro di Genova non è dissimile da ciò che è accaduto in tutte le città dove il nuovo progetto nazionale di Salvini si è presentato. Torniamo solo brevemente su quali e quante siano le ragioni che ci vedono in netta contrapposizione con il fascio-leghismo. Siamo fermamente convinti che in nessuna piazza del paese, a maggior ragione in quella della rivolta del 30 giugno 1960, dovrebbe essere permesso di parlare a chi si allea coi fascisti di Casa Pound. In nessuna parte del paese, a maggior ragione in una città di mare, storico crocevia di persone e culture come Genova, dovrebbe essere concesso dire che bisogna lasciare morire la gente in mezzo al mare. In nessun luogo dovrebbe avere legittimità politica il populismo di chi si finge antagonista al sistema, ma in realtà utilizza la retorica dell’invasione e la paura del diverso per mantenere lo status quo e la propria fetta di potere e introiti economici. Se volessimo anche noi buttarla sul populismo, chiederemmo – come recita una foto diventata virale sui social network – quanti campi rom servono per arrivare a intascarsi 40 milioni di euro come hanno fatto i dirigenti della Lega in questi anni.

Però vogliamo mantenere il discorso su un altro livello e quello su cui ci interessa davvero riflettere è la piazza. Il dibattito che imperversa sui mass media riguardo alla campagna elettorale di Salvini è spesso incentrato sulla possibilità che quest’ultimo ha o meno di parlare nelle piazze. Il segretario della Lega (Nord fino a poco fa) presenzia da mesi a qualsiasi ora del giorno e della notte in tutti i talk show politici e, tra una felpa e l’altra, utilizza i comizi come pulpito dell’unica piazza che in realtà gli interessa, ovvero quella mediatica.

Ci sono però sostanziali differenze tra la televisione e la strada: in quest’ultima non ci sono pause pubblicitarie e giornalisti compiacenti. Ci sono, tuttavia, tutti quei soggetti che non hanno alcuna cittadinanza in uno studio televisivo, coloro i quali solitamente non hanno la possibilità di parlare, ma che pagano sulle proprie vite il prezzo maggiore delle decisioni prese all’interno dei palazzi.

Ciò che è successo ieri a Genova non è altro che la presa di parola da parte di coloro che non hanno alcun palcoscenico da cui potersi esprimere, di tutti quei precari senza diritti, di tutte quelle famiglie che vengono abbandonate dalle istituzioni e si ritrovano senza casa, di tutti quei migranti che giustamente pretendono dignità. Ciò che di realmente interessante è successo ieri nelle strade della nostra città è stato l’intrecciarsi di queste diverse istanze: occupanti di case, migranti, studenti e precari hanno sfilato in mattinata in difesa del mercatino multietnico di Via Turati, da mesi al centro di una campagna mediatica che, dietro la retorica del degrado e del pubblico decoro, nasconde un vergognoso attacco contro la povertà e le fasce più deboli della nostra società. Queste stesse soggettività si sono ritrovate alle 18 per cercare di impedire a Salvini lo svolgimento del suo comizio, con una determinazione e una conflittualità che da tempo non veniva espressa per le strade della nostra città.

Nessuno ci venga a dire che Salvini non ha la possibilità di parlare, ne ha fin troppa. Quello che vorremmo, però, è che altre voci si unissero alla nostra per gridare lo schifo che proviamo nel vedere le piazze delle nostre città transennate a difesa di un razzista che utilizza i drammi dei più deboli per far campagna elettorale.

Permetteteci di spendere due parole anche sul Partito Democratico, che non creda di potersi giovare di quanto accade in contrapposizione alla ricostituita destra nazionale: è lo Stato, che il PD governa assieme alla destra, a permettere che esistano i C.I.E., che approva il jobs act e distrugge l’istruzione pubblica; è la Regione, che il PD amministra da anni, a volere il Terzo Valico e a tagliare la Sanità; ed è il Comune di Genova a privatizzare le aziende pubbliche, a svendere il patrimonio immobiliare e a volere la Gronda. Il PD altro non è che il volto presentabile, l’altra faccia della medaglia della Lega, che ha tutto l’interesse a far sì che Salvini abbia la propria visibilità per potersi presentare come unica alternativa “democratica”, ma che sostanzialmente porta avanti politiche in totale continuità con quelle invocate beceramente dal leader leghista.

E allora, da parte nostra, siamo convinti che l’unica alternativa stia come sempre nell’autorganizzazione, nella Politica con la P maiuscola, quella fatta dal basso, nelle strade, nell’incontro con tutte le soggettività che quotidianamente vivono i quartieri e provano a mettersi in gioco in prima persona per cambiare le proprie vite e il mondo che ci circonda.

Abbiamo provato una grande gioia ieri percorrendo le vie del nostro centro storico assieme a centinaia di altre persone, determinate come noi a impedire il comizio di Salvini. Rivendichiamo tutto quello che è successo attorno a Piazza De Ferrari, siamo orgogliosi di essere scesi in piazza e di come la Genova meticcia e antagonista abbia saputo rispondere per dimostrare ancora una volta che i razzisti e i fascisti in questa città non hanno cittadinanza.