MONDO

Il voto molesto

Nonostante scandali e leggi liberticide il premier turco Recep Tayip Erdoğan supera il test elettorale e conferma, senza rinunciare all’arroganza che lo contraddistingue, il suo peso politico presente e futuro.

La sera di domenica 30 marzo faceva impressione vedere le strade del centro di Istanbul quasi deserte, le serrande abbassate, i pochi locali aperti quasi vuoti, ma con le televisioni comunque accese e sintonizzate sul susseguirsi di percentuali e cifre relativi al voto : avveniva a Kasimpaşa, quartiere conservatore e feudo elettorale del RecepT ayip Erdogan, , come nelle vie della movida notturna che circondano Piazza Taksim, presidata da tutto il giorno con diversi mezzi blindati e centinaia di forze di polizia. E in questo clima mesto e con le forze esaurite che la città ha accolto il risultato delle elezioni amministrative, che la consegnato nuovamente all’AKP, il partito islamico moderato di cui Erdoğan è il leader… Dopo il testa a testa iniziale come ad Ankara, i dati di queste due città hanno confermano quello che è stata una vittoria netta del Partito di Governo.

Il premier è apparso verso le 23, a scrutinio non ancora terminato, dal balcone della sede del suo partito ,in compagnia della famiglia ed in particolare affiancato dal figlio Bilal, quello a cui nelle intercettazioni diffuse un mese , intimava di spostare ingenti somme di denaro presenti in casa .

Commenta, a scrutinio non ancora terminato, la sua vittoria con un atteggiamento che va dall’Unto di Dio, in questo caso di Allah, all’angelo sterminatore.

“Mi ha creato Allah e amo questi 77 milioni perché li ha creati Allah”, “Questa nazione è la speranza della comunità musulmana”, sono solo alcune delle frasi rivolte al suo elettorato religioso

“Questa è la seconda guerra di indipendenza del paese e il nemico è Gülen, entreremo nella sua tana”. Sono invece le minacce che riserva ai “traditori del popolo”, ovvero i seguaci del movimento facente capo all’Imam Gülen, suo ex alleato, secondo il premier fautori di uno stato parallelo volto a destituirlo tramite indagini orchestrate e prove false tramite la loro presenza nella magistratura e nella polizia. Un potere che Erdoğan ha cominciato a smantellare a suon di rimozioni e trasferimenti, e che comunque non ha avuto influenze sul voto popolare.

Come sembra non avere avuto un ricaduta elettorale lo “Spirito di Gezi”. Lo sconforto è pesante fra le tante persone che in questi mesi hanno consapevolmente messo a rischio la loro sicurezza per scendere in piazza e chiedere più democrazia. A Istanbul persa anche la Municipalità di Beyoğlu, quella dove si trovano Piazza Taksim e Gezi parkı e luogo di residenza di molta di quella borghesia istruita che si opponendosi al progetto di distruzione del parco diede il via alle rivolte. L’HDP, la coalizione fra il partito filo kurdo e alcune forze della sinistra radicale, lo schieramento che almeno in termini ideali rappresentava un segnale di cambiamento, ha superato di poco il 4%.

Volendo dare un’occhiata ai risultati generali, rispetto alle elezioni amministrative precedenti, si può dire che per le principali forze politiche il quadro non è cambiato. L’AKP è calato di soli 3 punti percentuali rispetto al voto amministrativo del 2009 e mantiene il dominio assoluto sul cuore anatolico del paese; il CHP, Partito repubblicano del popolo e principale avversario, ha fallito la conquista di Ankara intentata alleandosi con il MHP, il partito degli ultranazionalisti, e per il resto ha mantenuto la sua distribuzione nelle parti occidentali del paese. Leggermente cresciti sia gli ultranazionalisti che il BDP, Partito della democrazia e della pace, che contende all’AKP l’est profondo del paese a maggioranza kurda.

L’opposizione denuncia moltissime irregolarità: un numero più elevato del solito, dell’ordine delle migliaia, di verbali di contestazione di voto, la comparsa di numerose schede già contrassegnate, il black out in 40 province che ha ostacolato il conteggio dei voti. Per quanto fra i delusi il verificarsi di brogli sia una certezza, le manifestazioni di protesta sono rimaste isolate.

Nel frattempo c’è da chiedersi seriamente come si tradurra’ questa nuova abbuffata di voti in termini di scelte politiche e modalità di governo da parte di un personaggio che nonostante le indagini per corruzione che stanno toccando membri del suo esecutivo, le intercettazioni che lo riguardano personalmente, la riprovazione internazionale provocato dall’ uso della forza nelle manifestazioni di piazza e dall’oscuramento dei social media, ha dalla sua parte 46% del paese.

Una legittimazione che rende ancora più fattibile la sua intenzione, mostrata in altre occasioni, di forzare le istituzioni attraverso interventi legislativi e disciplinari.

Intanto le presidenziali dell’agosto di quest’anno ritornano ad essere un traguardo possibile e nelle politiche del 2015 sarà un personaggio con la quale si dovrà fare i conti, forse anche, qualora riuscisse a cambiare le leggi, nuovamente come candidato primo ministro.

Tutto fa pensare che non sia intenzionato ad abbandonare presto il potere che detiene da 11 anni e di cui si è ubriacato.

Nonostante il morale sia basso e le previsioni per il futuro buie, non bisogna dimenticare che una parte di questo paese non è più la stessa dopo i fatti di Gezi park e continuerà a dare filo da torcere a un premier lontano dagli standard di democrazia che una nuova Turchia reclama.

*Istanbul 31.03.2014