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Il nostro “merito” è il vostro profitto

Bloccato un convegno della Fondazione Sapienza

Ci troviamo a intervenire in questo appuntamento di esperti perché esperti dei cambiamenti dell’università lo siamo diventati nel tempo. Siamo entrati e cresciuti, nel nostro percorso di studi, nel disastro del 3+2, della parcellizzazione del sapere,[…] delle continue e scellerate riforme. Criteri di valutazione a parte, abbiamo qualcosa da dire anche noi.

In questo ciclo di seminari, che pretende di “predisporre una base ragionata per indirizzare le prossime scelte per Università e Ricerca nel sistema Paese”, interverranno quegli stessi soggetti che per anni hanno solo provveduto alla distruzione dell’università pubblica e della ricerca, consegnandoci un “sistema paese” senza possibilità lavorative per i laureati (non citeremo le fonti, presumendo che gli esperti le conoscano bene), senza misure di welfare e di sostegno allo studio, senza fondi per la ricerca. Un consesso che si interroga sul futuro dell’università italiana dovrebbe partire quantomeno da alcuni assunti.

Il 3+2 ha fallito molto tempo fa, anzi, è nato già gravido del suo ineluttabile fallimento.L’idea era di creare laureati a due velocità, facilmente spendibili nel mercato del lavoro ma al contempo con scarsa preparazione specifica, il risultato è stato allungare i tempi di laurea e dequalificare la didattica e la ricerca, senza un ingresso possibile nel mercato del lavoro.

La ricerca è stata poi completamente snaturata con il taglio dei fondi e con i finanziamenti di privati che decidono su come fare ricerca e sugli ambiti d’interesse, senza portare alcun vantaggio al sistema universitario in generale.

Pensiamo che le parole d’ordine dell’efficienza, del merito e della competizione tra individui – tra l’altro diseguali in partenza – non appartengano al mondo della ricerca universitaria, che a parer nostro dovrebbe essere autonoma e sganciata dalla logica della mera valutazione e misurazione in termini economici dei saperi che essa produce.

L’ANVUR, l’agenzia preposta a valutare e finanziare l’erogazione del sapere universitario e della ricerca nel nostro paese, risponde infatti ad altri interessi: quelli dei dettami della governance neoliberale europea. Troviamo quantomeno schizofrenico che proprio coloro che per anni hanno sostenuto la dismissione dell’università pubblica adesso pretendano di dar lezioni ispirate da un sapere che vorrebbero neutro, tecnico, quasi “commissariato”.

Spazziamo via ogni possibile incomprensione dal nostro discorso: merito e valutazione sono solo degli espedienti retorici, utilizzati per mascherare il “grande gioco” della spartizione dei pochi fondi rimasti tra gli atenei italiani. La riforma Gelmini, che tanto sbandierava il vessillo del merito, non ha fatto altro che peggiorare le cose. La cronaca giudiziaria più recente, che ha visto indagati 35 docenti ordinari in tutta Italia, tra cui cinque dei “saggi” del governo Letta, non è altro che una ulteriore conferma della gestione clientelare e corrotta dell’università italiana, figlia proprio di quelle riforme che avrebbero dovuto farla diventare un’eccellenza mondiale. Dopo la transizione si riparte con l’Università del Merito, i cui pilastri sono le rendite di posizione delle vecchie filiere di potere baronale, tutto in salsa d’austerity e di rigore, ovviamente.

Rifiutiamo la retorica del merito, rifiutiamo ogni valutazione, rifiutiamo ogni selezione.

All’università che valuta e seleziona secondo la logica del profitto, opponiamo la produzione di un sapere autonomo e svincolato da questi criteri.