EUROPA

Il negoziato infinito

«Non esiste la fine. Ogni volta che la Grecia sta per essere abbandonata o cacciata si rinvia; ogni volta che sembra essere assolta, il processo ricomincia di nuovo». Scriveva così Francesco Raparelli nel prologo di Rivolta o Barbarie nel 2012.

Dopo quattro riunioni dell’Eurogruppo in tre settimane si è giunti ad un accordo: il programma siglato nel 2012 verrà prorogato per altri 4 mesi. Fino alla fine di giugno, ma già sapendo che ad agosto scadono i prestiti siglati con la BCE per quasi 7 miliardi di euro (non era un caso che Atene chiedesse una proroga per 6 mesi e non per 4). Il negoziato deve già ricominciare.

Su cosa ha ceduto Atene? Già nella sua lettera di mercoledì – che Schauble ha voluto platealmente rifiutare, per poi firmare un accordo basato su quelle concessioni – Varoufakis per prima cosa ha accettato di negoziare sulla base dell’accordo esistente, cioè l’odiato memorandum della Troika. L’accordo verrà portato avanti “uti¬liz¬zando al meglio la fles¬si¬bi¬lità esi¬stente, che sarà attuata d’intesa tra le auto¬rità gre¬che e le istituzioni” della Troika. O meglio nessuna decisione potrà essere presa in maniera unilaterale dalle autorità greche.

Entro lunedì 23 verrà presentato il primo elenco di riforme, la cui scrittura si dovrà concludere entro aprile. Ogni riforma dovrà passare l’esame delle “istituzioni”, nient’altro che la Commissione Europea, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europa.

Ma qui si può giocare un importante partita per recuperare ampi margini di manovra: quali sono le riforme migliori per il “miglio¬ra¬mento delle pro¬spet¬tive di cre¬scita e di occu¬pa¬zione”, o per “garan¬tire la sta¬bi¬lità e la resi¬lienza del set-tore finan¬zia¬rio” o per “miglio¬rare l’equità sociale”? O ancora quali sono le migliori misure per combattere la “corruzione e l’evasione fiscale e migliorare l’efficienza nel settore pubblico”?

Intorno al “nodo delle riforme” si può aprire ancora una volta una crepa nell’egemonia neoliberale dell’Unione Europea ed il governo greco potrebbe essere il portavoce di proposte alternative a quelle dell’austerità. Certo è che con un bilancio pubblico bloccato e sotto lo stretto controllo della Troika i margini per delle contro-proposte si fanno sempre più stretti.

“Le autorità greche si sono inoltre impegnate a garantire un adeguato avanzo primario o a reperire i finanziamenti necessari a garantire la sostenibilità del debito”. L’avanzo primario è un bilancio dello Stato in positivo, dove le entrate sono, quindi, maggiori delle uscite, al netto delle spese per gli interessi sul debito. Si vuole imporre alla Grecia un avanzo primario del 3% per il 2015 e del 4,5% per gli anni a seguire, così che queste risorse risparmiate possano essere investite per ripagare il debito. Il ministro dell’economia Varoufakis vorrebbe arrivare ad una revisione di queste cifre, per ottenere un avanzo primario del 11,5%. Anche qui per ora si è ottenuto solo che per il 2015 verranno tenute in conto le particolari circostanze economiche. La Grecia rischia di indebitarsi ancora per pagare gli interessi sul debito, in una spirale recessiva e deflattiva che rende gli sforzi per avere un bilancio statale in avanzo completamente inutili.

Sul debito greco è bene ricordare – come scriveva Chesnais nel 2011 – che è stato contratto anzitutto dalla dittatura militare dei colonelli, il debito infatti è quadruplicato tra il 1967 e il 1974. La spesa per comprare armi, principalmente da imprese tedesche e francesi, e i giochi olimpici del 2004 hanno ulteriormente aggravato la situazione. Inoltre, dal 2009 il governo guidato da Karamanlis truccò i conti sul debito, senza che nessuna azione giudiziaria fosse mai portata avanti nei suoi confronti. Sotto le pressioni della speculazione finanziaria del 2010, la Grecia stava per dichiarare default, per evitarlo i paesi dell’Eurozona e il Fondo Monetario hanno approvato un primo prestito nel maggio del 2011 ed un secondo nel febbraio del 2012.

Così come accade dopo il default del Messico del 1982, quando FMI e BM concessero prestiti ai paesi in difficoltà finanziarie, a condizione che questi attuassero le cosiddette “politiche di aggiustamento strutturale”, dal 2011 in poi la Grecia ha offerto come garanzia sul debito parte della propria sovranità economica.

Ma quello che è in gioco con questi negoziati non è il semplice ritorno alla piena sovranità economica per il governo greco nei confronti delle istituzioni europee, ciò che è in gioco è la possibilità di dire no alla logica del capitalismo operante ad un livello più globale. È in gioco la possibilità di aprire uno spazio per la costruzione di un progetto contro-egemonico a quello esistente dell’Europa neoliberale. Nessun governo da solo può riuscire in un tale progetto per questo il governo greco intanto prende tempo. Solo alleanze trasversali tra diverse forze sociali sul piano nazionale ed europeo possono costruire lo spazio di possibilità per questo progetto. Per non lasciare alcuno spazio a quelli delle nuove destre.

Per questo la manifestazione del 18 marzo contro l’inaugurazione della sede della nuova Banca Centrale Europea a Francoforte diventa un appuntamento sempre più importante, per costruire insieme questo nuovo spazio di possibilità.