MONDO

Hasta siempre Fidel!

Saluto a Fidel Castro, comandante guerrigliero e lider maximo della rivoluzione cubana.

Mia cugina vive a Cuba. Non è mai tornata dall’esilio. Torna qui sempre più spesso, ma torna sempre sull’isola. La notte scorsa ha preso un volo Avianca alle 18 ed è atterrata a Buenos Aires alle nove di mattina. Appena accende il cellulare trova il mio messaggio “Che tristezza, mancava solo questo per coronare questo anno di merda”. A cui seguiva il link della notizia della morte di Fifo, come lo chiamavamo durante la nostra infanzia. Mari mi ha risposto così: “Appena atterrata, ricevo per colazione questa orribile notizia. Ma, è vera? Perchè lo hanno “ucciso” già molte volte in questi anni”.

Sapevamo che il momento fosse vicino, e al tempo stesso non potevamo immaginarlo. Con Fidel era in gioco qualcosa di strano. Qualcosa che non avremmo mai voluto finisse, anche se ormai era ovvio facesse parte del passato. Confesso di aver avuto la sensazione della sua immortalità, anche se magari solo nei sogni.

 

Finchè il simbolo più intenso della rivoluzione cubana fosse rimasto in vita, qualcosa di quel secolo socialista continuava ad esistere, anche se lieve, come un ultimo sospiro. E così, è arrivata la sua ora.

 

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Fidel Castro si è concesso il lusso di morire a novanta anni lontano dall’esercizio del potere.

Nel 2008 ha dovuto lasciare a suo fratello la responsabilità di governare, a causa di una malattia che lo ha indebolito e costretto ad un lunga riabilitazione. Il corpo gli ha mostrato quei limiti che la sua coscienza non voleva ammettere. Però, a differenza di quanto accaduto con Hugo Chávez e Néstor Kirchner, due presidenti che sono riusciti ad entusiasmarlo alle soglie del nuovo secolo, più il primo che il secondo ovviamente, Fidel ha potuto lasciare il comando, farsi da parte, e guardare da lontano lo scenario. Per quel che resta della rivoluzione cubana questa forma del suo allontanamento, saggia e sapiente, rappresenta una benedizione enorme.

 

Il suo popolo lo saluterà come un padre, senza il trauma di dover affrontare una crisi politica imminente. Anche se già a Miami sbavano, oggi più che mai.

 

La domanda che più mi intriga, senza dubbio, è cosa Fidel abbia visto di questi ultimi anni in cui è rimasto al bordo della storia. E soprattutto in questi ultimi mesi. Avrà saputo della vittoria di Trump? La mia impressione è che un bilancio di questi anni non sarà stato per nulla positivo. Mi sembra di poter intuire che la sua fede moderna nel primato della ragione e nel progresso della specie abbia scricchiolato e si sia frantumata, davanti a tante avversità evidenti. In un certo senso, la morte di Fidel non sarebbe potuta essere più opportuna in questo momento. Occorre ricominciare. Una stagione di una grande marcia anticapitalista è arrivata al termine. L’immortalità non esiste e i rivoluzionari non hanno mai avuto un Papa. E’ ora di immaginere nuovi argomenti per l’emancipazione.

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Fidel è inesauribile. Impossibile da comprendere e definire. Mi tengo il ricordo della sua ostinazione e testardaggine.

 

Sono cresciuto a Cuba. Ho vissuto li diciotto lunghi e felici anni. Mi emozionavano i suoi discorsi. Non ho mai ritrovato in nessun altro una simile retorica e passione politica. Ascoltandolo, non si poteva essere semplicemente d’accordo o in disaccordo. O ne eri coinvolto fino in fondo oppure lo rifiutavi. Mi rendo conto adesso che è stato lui il responsabile del fatto che Chavez e Cristina mi sembrassero oratori mediocri, anche se di certo migliori di qualunque altro politico contemporaneo. Credo che l’essenza di questa sua potenza discorsiva fosse la sua ostinazione.

Un testardo è tenace, ostinato, conseguente. Ma l’ostinazione confina con la saggezza. Fidel si è sempre mosso lungo i bordi di questa frontiera. Per questo è stato l’artefice di una delle creazioni politiche più affascinanti e coraggiose che abbiamo potuto conoscere. Anche per questo, i suoi ultimi anni di governo sono ricordati per il rifiuto nei confronti di qualunque transizione, di qualunque forma di “aggiornamento”, piuttosto definiti come “un retrocesso” verso il socialismo. Al suo fianco, l’inflessibile Raul è finito per essere un riformista e al tempo stesso il miglior interprete del senso comune popolare. Circola ancora uno degli ultimi testi di Fidel, a proposito dell’accordo e della visita di Obama, dove esplicitava la sua profonda sfiducia verso le elite degli Stati Uniti. Un messaggio forte nel pieno del disgelo.

Cosa può ancora dirci questa testardaggine di Fidel? Non è che il sospetto del vecchio e astuto statista abbia anticipato la fimmante svolta destra del mondo occidentale? Non è che proprio il suo mettere in discussione con il sangue agli occhi le ipocrisie delle democrazie occidentali mantenga ancora il suo valore, anche quando lui stesso, il più brillante dei comandanti guerriglieri, abbia decretato, a proposito della Colombia, l’assolutà infattibilità della lotta armata?

 

Fidel se ne è andato in un momento molto difficile per tutti coloro i quali lo ammiriamo. Ci sono momenti in cui la testardaggine diventa l’unico modo per non arrendersi.

 

*Il ricordo di Fidel è stato pubblicato da Mario Santucho, con il titolo di “Fidel, el terco”, sulla Revista Crisis, in Argentina. La traduzione italiana è a cura di Alioscia Castronovo, per Dinamopress.