MONDO

Gli zapatisti incontrano la scienza

Un dialogo con Laura Espasa Besalù su ConCiencias, il festival delle scienze per l’umanità.

A cavallo tra il dicembre e gennaio scorsi, si è tenuto in Chiapas, a San Cristóbal de Las Casas, ConCiencias, il festival delle scienze per l’umanità [1]. Si è trattato essenzialmente di un congresso, durato in tutto sette giorni, con una pausa intermedia di due: dal 26 al 30 dicembre e dal 2 al 4 gennaio.

Gli zapatisti si sono da sempre contraddistinti per essere innovatori in ambito politico, organizzativo e di immaginario. Questa volta si sono spinti oltre, cercando di scommettere sulla possibilità di agire su un campo del sapere che per antonomasia ha contraddistinto il mondo “occidentale”, con strumenti che per le popolazioni native americane hanno significato colonialismo e oppressione, culturale e materiale.

Seppur siano passati tre mesi dalla conferenza – tempo lungo in termini di cronaca – il dibattito è più che mai attuale. Parlare “qui da noi” dei temi affrontati in ConCiencias non è mera testimonianza, serve anzi a riportare il ruolo della scienza e dello scienziato in Occidente ad un livello umano, ad avere uno sguardo esterno su cosa sia la scienza occidentale oggi.

Abbiamo deciso di parlare di ConCiencias con Laura Espasa Besalú, biologa professoressa di biologia di scuola secondaria, attivista “quotidiana” a Barcellona, che ha partecipato all’evento.

Per altri interessanti contributi sul tema si vedano anche i link alle note [2,3]. Invitiamo inoltre a seguire i prossimi eventi delle comunità zapatiste, in preparazione al prossimo ConCiencias che si terrà tra il 26 e il 30 Dicembre [4].

– Laura, iniziamo con un’importante domanda preliminare: Il ConCiencias si è tenuto in contemporanea a un altro importante evento – che non era prettamente zapatista, ma a cui gli zapatisti hanno partecipato – ovvero la conferenza per la proposta di una candidatura “indigena e donna” alle prossime elezioni nazionali messicane [5]. In Spagna siete in generale più attenti che in Italia alle vicissitudini sudamericane e quindi sia ConCiencias che la candidatura indigena hanno avuto ampio spazio mediatico. In Italia ha avuto più risalto solo il secondo evento. Ci puoi raccontare se e come la conferenza dei popoli indigeni ha avuto spazio dentro ConCiencias?

La prima fase del Congresso Nazionale Indigeno (CNI) si svolse in ottobre, la seconda in contemporanea a ConCiencias, iniziò il 29 dicembre. Se ne parlò il primo giorno di ConCiencias, quando i delegati zapatisti al congresso si sedettero insieme a noi nell’auditorio e ci spiegarono gli obiettivi della candidatura. Ci invitarono quindi ad Oventic per il primo gennaio, giorno della dichiarazione finale del congresso. Fu data quindi visibilità al congresso, ma non ci fu un’unione formale tra i due temi, uno spazio comune di discussione, anche se fu molto bello il fatto di stare coi delegati nello stesso “spazio fisico”! Penso che sia importante sottolineare la proposta di creazione del Concejo Indígena de Gobierno [Consiglio indigeno di governo], composto da rappresentanti delle comunità del CNI e che avrà come portavoce una donna da candidare alle presidenziali del 2018. È molto importante il fatto che la candidata altro non è che la voce delle comunità indigene di tutto il paese, e che la corsa elettorale e la presa di potere non sono gli obiettivi ultimi di questa proposta. Il percorso di formazione di questo Consiglio, che avverrà attraverso il dialogo e l’incontro tra le comunità indigene ridarà visibilità e voce pubblica a “los de abajo” [letteralmente, quelli che stanno in basso].

– Vuoi iniziare a spiegarci cos’è e com’è nato ConCiencias?

Dunque, iniziamo a precisare che interpretare ConCiencias come un invito a riflettere sopra la scienza, su come usarla per trasformare la società e creare un mondo nuovo, costituisce un’interpretazione che possiamo fare noi a partire da quello che hanno proposto.

Il motore della loro domanda sono state le necessità e i bisogni delle nuove generazioni zapatiste, formatesi nelle scuole zapatiste, che hanno acquisito una conoscenza più razionale, di carattere metodico, ed è proprio a partire da questa che si prefiggono l’obiettivo di continuare ad apprendere il perché e la natura delle cose.

In un comunicato del subcomandante Galeano intitolato “La culpa es de la flor” [6][la colpa è del fiore], si dice che qualora qualcuno chieda le ragioni di ConCiencias si risponda appunto che “la colpa è del fiore”. Esiste infatti un aneddoto, non si se sa se vero o meno, in cui si narra che un giovane appartenente a una comunità abbia domandato al subcomandante Moises perché i fiori avessero esattamente il colore che hanno, chiedendo però di non rispondere “perché così hanno deciso gli dei”, o in generale attraverso quei metodi di conoscenza che sono stati tipici di quelle comunità fino ad ora. La richiesta è stata proprio quella di capire esattamente cosa succede con un fiore.

– Quindi l’input è arrivato dalle nuove generazioni e non dai vertici…

Su questo punto sono stati molto chiari, se fosse stato solo per “la comandancia” non ci sarebbe stato nessun ConCiencias. Qui si coglie la lungimiranza degli zapatisti, nel vedere come alla domanda sul colore dei fiori, invece di rispondere “lascia perdere queste domande inutili e vai a tagliare legna!”, hanno capito che dalla base emergeva una necessità vera. Chiaramente quello del fiore è un simbolo, un racconto forse inventato, ma che nasconde tante domande che negli ultimi anni sono emerse, in particolare in generazioni che sono nate e cresciute dentro lo zapatismo. Forse è proprio per la libertà che vivono queste generazioni zapatiste, che queste domande abbiano trovato spazio. È curioso che i miei alunni non mi chiedano cosa vogliono imparare, non si sentono liberi, non pensano che ci sia spazio decisionale per loro. Forse vedo le comunità zapatiste in modo idealizzato, ma da questa differenza con il nostro mondo, mi immagino che questo percorso, in senso educativo, stia nascendo molto bene.

– Insomma, piuttosto che un momento di riflessione sociologica ed in generale teorica a proposito del ruolo che la scienza gioca nel mondo moderno, si è trattato di un contesto finalizzato ad apprendere a maneggiare praticamente la scienza, ovvero a sviluppare determinati strumenti che possano essere poi utilizzati in seguito.

Certo. Si consideri che la scienza, così come siamo abituati a pensarla, non è una attività propria della loro società, per cui una riflessione teorica sul ruolo sociale della scienza non può essere svolta a priori. Infatti, una critica che emerse alla fine di ConCiencias è stata proprio che buona parte delle sessioni che hanno costituito il festival erano incentrate su speculazioni di carattere filosofico sulla funzione e l’essenza della scienza. Questo è qualcosa che andrebbe fatto a posteriori, una volta che esistono già degli strumenti per creare una scienza al servizio della gente. Ovviamente è ben radicata una consapevolezza su quali siano i problemi insiti nella scienza al giorno d’oggi, ma il punto di partenza è stata la presa di coscienza dell’insufficienza del proprio bagaglio culturale scientifico, che a ogni modo non rifiutano, per continuare a resistere. Le nuove generazioni richiedono nuove nozioni in materia di salute e agronomia per uscire dalla povertà: “la scienza ci serve per questo, sappiamo che in generale nel mondo esiste un sapere di questo tipo, vogliamo accedervi e condividerlo.”

– Si può dire che la scienza sia per loro un mezzo per resistere piuttosto che per governare?

Assolutamente sì. Non so se loro direbbero esattamente in questi termini, ma io sì, lo direi così.

– Ora che abbiamo un’idea dei presupposti iniziali del ConCiencias, ci farebbe piacere entrare nei dettagli, anche organizzativi. Ad esempio su come è stato strutturato, che temi sono stati trattati etc.

Al mattino si cominciava in un auditorio con tre seminari di carattere teorico, ma sempre tenuti da scienziati. Qui sì che c’è stata una riflessione critica a proposito del ruolo che la scienza gioca nella costruzione della società in cui viviamo. Qualcuna seguiva una prospettiva di carattere prettamente storico, iniziando per esempio con un’analisi del lavoro dei primi scienziati. L’idea che si è provato a rimarcare è che la scienza costituisce un’attività umana finalizzata a sviluppare strumenti intellettuali volti al miglioramento delle nostre condizioni di vita e in generale al bene comune. Malgrado ciò, in questa fase storica, gli interessi che sono andati sorgendo si sono impossessati della scienza, riducendola a una mera industria, asservita al profitto. Questo approccio è stato tenuto soprattutto nei primi giorni, mentre successivamente la discussione teorica volta a evidenziare questa divergenza insita nella scienza, è andata sviluppandosi a partire da campi del sapere ben precisi. C’erano per esempio scienziati di aree ben determinate che, all’interno del loro specifico campo, segnalavano i cambi di paradigma in risposta alla società esterna.

Al termine delle relazioni teoriche ci si spostava in aule più piccole dove si svolgevano tre seminari di carattere divulgativo relativi a temi più concreti. Qui si dava priorità alle domande degli zapatisti. Le persone esterne alla cosiddetta “base d’appoggio” (ovvero i delegati delle comunità zapatiste) non potevano fare domande né intervenire, perché le lezioni erano pensate per gli alunni zapatisti. Abbiamo interpretato questo atteggiamento immaginando che, poiché le persone provenienti dal mondo occidentale hanno un accesso privilegiato a certi argomenti, nonché una visione ed un certo sguardo, avrebbero potuto generare interventi o quesiti tali da uscire fuori tema, svincolandosi radicalmente da quello iniziale. Al pomeriggio c’erano dei seminari di chiusura, dove i subcomandanti Moises e Galeano proponevano una lettura e una riflessione conclusiva. Al margine delle relazioni gli alunni zapatisti si riunivano per discutere ed analizzare ció che avevano appreso, in modo da chiarire dubbi. Per noi “spettatori”, invece, non esisteva uno spazio apposito, era tutto più spontaneo. Ci sono stati anche laboratori pratici, a cui però potevano accedere solo I membri della base. Qui si sono trattati per esempio i seguenti temi: robotica, identificazione dei fossili, metodo scientifico.

Infine, per quanto riguarda i relatori, la maggior parte proveniva dal Messico, quindi Uruguay e Argentina, anche dagli Stati Uniti. In generale soprattutto dal Sud America. Immagino che, in quanto prima esperienza di questo tipo, gli inviti dei relatori siano stati necessariamente basati su affinità politica e geografica.

– Siamo curiosi di sapere di più su che argomenti si è deciso di privilegiare nei seminari, oltre ai laboratori.

I titoli dei seminari, così come i loro autori, si possono trovare sul sito del ConCiencias. Si è dato molto peso all’astrofisica, all’agrobiologia, all’ecologia, alla medicina applicata.

In alcuni di questi seminari si è entrato tanto nello specifico, al punto da diventare molto tecnici, spesso andando oltre le capacità di comprensione del pubblico. Un esempio è dato da una lezione di meccanica quantistica che, malgrado lo sforzo enorme da parte del relatore, non era alla portata di coloro che ascoltavano. Su questo fronte c’è stata un’autocritica alla fine del congresso. Si tenga conto inoltre che le lezioni erano in castigliano, mentre buona parte delle persone appartenenti a quelle comunità sono abituati a parlare altre lingue precolombiane (ad esempio il Tzotzil, Tojolabal, Tzeltal), e spesso non conoscono per niente il primo. È vero che gli alunni zapatisti che andarono al ConCiencias furono selezionati proprio tra coloro che conoscono meglio il castigliano, ma a ogni modo si tratta di gente che talvolta non è abituata a parlarlo e sicuramente in alcuni casi questo fattore ha costituito un primo ostacolo.

Probabilmente, la parte pedagogica rappresenta un aspetto del ConCiencias che potrebbe essere migliorato. È stato un po timido il tentativo di andare oltre l’impostazione tradizionale della lezione frontale ed in generale il meccanismo di trasmissione da chi sa a chi non sa. La quasi totalità dei seminari erano normali lezioni con una lavagna e un proiettore.

Potrebbe essere interessante includere pedagoghi durante la prossima edizione, in modo da trasformarla in una ricca esperienza sul piano educativo, non solo per gli alunni ma per tutti.

– A partire da cosa sono stati selezionati proprio questi temi? Ovvero, nella scienza moderna si fa ricerca su temi che più o meno direttamente vengono selezionati dai poteri, in relazione ai loro interessi. Si è provato a capovolgere o almeno a rompere questo rapporto tra scienza e potere? Che relazione c’era tra i temi scelti e le esigenze della comunità?

L’ecologia è già di per sé una disciplina che va contro la visione capitalista dominante, dato che quest’ultima tende a distruggere gli equilibri naturali. La volontà di investire su questo tema rappresenta già un primo tentativo di rompere il binomio scienza-ordine egemonico. L’agrobiologia invece è un campo di fondamentale importanza per comunità rurali come quelle del Chiapas. Si tratta quindi di un tema assolutamente legato alle esigenze delle comunità. Un discorso simile vale per la medicina. A parte questo, c’è stato un momento nella fase iniziale di ConCiencias in cui il subcomandante Galeano ha letto cento domande con cui gli alunni zapatisti si recavano alla scuola. Qualcuna ad esempio si riferiva agli OGM, altre concernevano il parto, o ancora la relazione tra la temperatura dell’acqua e la pesca, la relazione tra produttività del suolo e le sue proprietà minerarie. C’erano anche domande di carattere più politico ad esempio relazionate alla gestione dei saperi prodotti. Anche queste domande si trovano sul web.

A ogni modo, durante la parte finale della conferenza, si sono delineati dei progetti volti a migliorare la comunicazione con le comunità locali, ad esempio facendo in modo che siano esse stesse a generare le domande. Questa dimensione non si è data direttamente durante questa prima edizione di ConCiencias, però ci sono state proposte di lavoro in questa direzione, ad esempio per mettere a conoscenza le comunità sulle principali linee di ricerca, ed al contrario far si che possano essere proprio le comunità stesse far sorgere dei problemi. Ad esempio c’è un progetto che lavora insieme alle comunità su temi legati all’ecologia. Questo è a mio avviso molto importante in quanto penso che la costruzione di una scienza alternativa non significhi la chiusura dello scienziato in una torre d’avorio, bensì nel cambio della sua relazione con la società in modo che sia proprio a partire dalle esigenze reali di quest’ultima che si possano delineare programmi di ricerca.

– Nella società moderna lo scienziato e la sua comunità scientifica vivono isolati dalla società, nel senso che appartengono a mondi che parlano molto poco tra di loro. È stato affrontato questo tema? Ci fu una riflessione su come dovrebbe agire la prima e chi dovrebbe includere?

Innanzitutto si è criticato il concetto di “comunità scientifica”, che è un’idealizzazione, mentre invece esistono “individualità scientifiche”: c’è tutto un percorso da fare per definire realmente questa comunità, chi vi è incluso ora e come allargarla. Un parallelo può essere fatto con la “comunità educativa”, la quale ora si assume non semplicemente composta da soli insegnanti e alunni, ma coinvolge tutto un intorno sociale, a partire dalla famiglia e i vicini! Quindi chi è la comunità scientifica? A partire da ciò, in molti dibattiti ci si è interrogati su come liberare l’accesso al sapere tramite la rete, svincolarsi dai brevetti ed altri filtri che limitano l’accesso ai risultati. Se davvero le persone avessero accesso ai risultati e alla tecnologia liberamente si potrebbe costruire una scienza dalla base. Con tutti i filtri tuttora esistenti è molto difficile che le persone che non si occupano di scienza possano decidere che applicazione tecnologica dare ai risultati della ricerca. Non c’è bisogno che tutti siano ricercatori, ma l’inclusione di altri soggetti all’accesso a questi saperi fa si che ci sia un rapporto più chiaro tra la società tutta e lo scienziato. Di questo tema si parlò per tutta la conferenza.

È una strategia capitalista quella di separare la fonte del sapere dal consumatore del sapere. Penso all’analogia con il tema dell’alimentazione: hanno separato a tal punto il consumatore dal produttore che il consumatore non ha relazione col produttore, non ha nessun accesso né vincolo con la produzione e quindi con ciò che mangia! Ma questa separazione è un artefatto: nel momento in cui, anche nelle città, ci si organizza per esempio in cooperative di consumo critico, gruppi di acquisto solidale, questa separazione si rompe. Un po’ lo stesso dovrebbe avvenire con la scienza e uno degli obiettivi raggiunti da ConCiencias è stato proprio quello di riavvicinare i due mondi, scienza e società civile, e i problemi che ci sono nell’affrontare questo cammino.

– Fino ad ora abbiamo parlato di come dovrebbe cambiare la scienza, ma vogliamo parlare anche della prospettiva opposta, ossia se si sia affrontato anche il tema del rapporto spesso critico che i movimenti sociali hanno nei confronti della scienza.

Non si è dibattuto direttamente su questo tema perchè non era l’obiettivo della conferenza. C’è un triangolo: scienza, zapatisti, movimenti sociali. In nessun momento gli zapatisti hanno criticato i movimenti sociali per non essersi avvicinati abbastanza alla scienza, né gli scienziati (che vivono nel loro mondo!) hanno criticato i movimenti per non occuparsi di scienza, né i movimenti sociali hanno fatto un’autocritica di questo tipo. Invece in almeno due o tre interventi il subcomandante Galeano ha insistito molto sull’abuso di terapie alternative e pseudoscienze. Fece alcune allusioni rispetto all’uso non rigoroso della scienza tra molte delle persone che erano presenti, le quali userebbero tanti di questi rimedi. Credo che questa fu una critica molto forte e una collocazione netta del movimento zapatista rispetto a questo tema. Fece molti esempi e rise di come a San Cristóbal ci sia tutto un fiorire di vendita di pietre salvifiche e mille rimedi per la cura di ogni malattia fisica e spirituale

– A proposito di questo punto, come si è affrontato in ConCiencias il sapere ancestrale indigeno legato alla natura? Ci riferiamo per esempio alla cultura sciamanica e alle piante “sacre” e curative?

Ti rispondo citando, a braccio, il subcomandante Moises [7]: “Noi Zapatisti vorremmo sapere [da voi] cosa sia la scienza vera e non quello su cui già camminò el “Viejo Antonio” (il “vecchio Antonio” è un personaggio dei libri del subcomandante Marcos, rappresenta il sapere antico degli antenati maya e tramite le sue parole si può capire quale sia la cosmogonia degli indigeni): tutto quello lo abbiamo già affrontato, abbiamo resistito più di cinquecento anni con quelle conoscenze, smettetela di dirci quanto siano fantastiche, già lo sappiamo!”. In qualche modo penso volesse dire che ora l’obiettivo non è difendere gli antichi saperi e basta, ma c’è bisogno di nuovi strumenti. Insistettero molto su questo punto e per me fu una sorpresa. Andai infatti in Chiapas preparata all’idea di ascoltare un’ode ai saperi popolari, una relativizzazione della scienza come noi la conosciamo e imparare un nuovo punto di vista collettivo, una nuova maniera di creare sapere. Invece il discorso zapatista risultò molto più radicale del mio! Non nel senso di “rifiuto” del sapere popolare: loro continuano ad avere i loro sciamani e i loro rituali ma non sono quelli gli strumenti di cui hanno bisogno ora per accedere a un nuovo tipo di conoscenza. La mia interpretazione però è che questo sia il punto di vista zapatista, più politico, ma che in generale l’obiettivo è che i due tipi di saperi siano compatibili: mantenere le tradizioni e allo stesso tempo incorporare un sapere più razionale e scientifico.

Altre critiche da parte loro furono sul fatto che molte relazioni si occuparono di problemi interni alla scienza occidentale, di coerenza e di “coscienza” degli scienziati che si rendono conto di fare sviluppo tecnologico per un sistema capitalista. Molti relatori inoltre approfittarono dello spazio per parlare dei loro progetti e problemi. Queste tendenze furono stroncate facendo notare che quello non era il luogo per una “terapia di gruppo”: era evidente che ci fosse bisogno di uno spazio per risolvere quei problemi, ma quello spazio non era il ConCiencias.

* S.P.I.N. Scientists & Precarious researchers Independent Network

NOTE

[1] Programma delle attività dell’incontro L@s Zapatistas e le ConScienze per l’Umanità.

[2] ConCiencias: il Festival zapatista delle scienze per l’umanità (Lorenzo D’Innocenzo).

[3] Il suono del mondo (Juan Villoro).

[4] I muri sopra, le crepe in basso (e a sinistra).

[5] Una donna di sangue e lingua indigena si candiderà, indipendente, alle elezioni presidenziali 2018 (Andrea Cegna)

La simbologia di una proposta (Simone Ogno)

[6] La colpa è del fiore

[7] Quel che segue I: Prima e ora