SPORT

Febbre a 90, Febbre da derby

La rubrica di calcio e dintorni di DinamoPress dedicata al derby.

Tu chiamale se vuoi, emozioni.

di ZeroPregi

Pensavamo di averle viste tutte ma in effetti ci mancava il derby di lunedi sera.

Tutto quello che pensavamo sarebbe successo in effetti è successo: nel pre-partita le solite scaramucce tra ultras e polizia soltanto che questa volta sono successe in mezzo al traffico cittadino. Sarebbe bastato chiudere un’ora prima tutta l’area e oggi staremmo a parlare d’altro. Accoltellati lievi, come sempre, e processi mediatici, come sempre.

Come se a Roma certe cose non accadono anche lontano dagli stadi, tipo fuori le discoteche o in mezzo alle vie del centro come della periferia. Roma è una città che ha un humus violento ma se ne accorgono soltanto quando gli ultras si scontrano con la polizia

.

Poi arriva la partita ed è la solita solfa.

Stadio semi pieno. Curve pienissime. Striscioni con sfottò ultras. Bandiere e torce. Da una parte i laziali con la coreografia autorizzata dalla questura, come da legge, dall’altra i romanisti senza niente, esclusi bandieroni.

Comincia la partita e dopo un timido inizio con possesso romanista arriva il gol della Lazio con un contropiede dopo un calcio d’angolo battuto dalla Roma. Lazio coperta, veloce e Roma in affanno, confusa e senza idee. Il cambio di modulo voluto da Andreazzoli, sembrava azzardato all’inizio e lo è sembrato ancora di più a partita in corso. Il primo tempo si conclude con la Lazio padrona del campo e con la Roma che, in chiusura, trova la porta solo con un tiro di Totti da lontano.

Riprende il match e la Lazio ha l’occasione per chiuderla e magari per dilagare: Hernanes al 2′ della ripresa calcia fuori un rigore con Stek spiazzato. E’ il calcio, signori e da quel momento in poi sarà solo Roma. Confusa, disordinata, senza idee ma spinta da quella sensazione di scampato pericolo. La Lazio arretra ancora di più e rimane in 10 per un doppio giallo. La Roma confezione 2 occasioni clamorose sempre con azioni da palla da fermo e un rigore più che dubbio su Lamela. Dopo che la Lazio ha graziato la Roma, quest’ultimi graziano gli odiati avversari. Un pari che non serve a nessuna delle 2 squadre ma che lascia tutto immutato per la corsa all’Europa League.

Lazio che sembra più squadra, Roma per un tempo inguardabile. Migliore in campo un calciatore di 37 anni, probabilmente l’unico fuoriclasse in campo, che sigla un altro record (227 gol di cui 9 nei derby) e che da il senso sul reale valore tecnico delle 2 squadre.

I giornali di oggi parlano di partita bellissima, di gol ed emozioni, ma onestamente la sensazione è stata di vedere il solito brutto derby, calcisticamente parlando. Oltretutto in momento della stagione in cui le 2 squadre non stanno al meglio, anzi. Ora c’è la possibilità che Roma e Lazio possano sfidarsi in finale di Coppa Italia a Roma, il sabato prima delle elezioni per il sindaco. Una gatta da pelare per Lega Calcio e Questura che, se dovesse servire, ho la sensazione che faranno di tutto per fare in modo che non accada.

Nel caso avremo davanti l’ultimo derby della stagione per la prima volta in una finale di un trofeo.

Roba da cuori forti. Da capitano coraggiosi, sempre se quello della Lazio non sarà condannato prima.

“Una partita bella e prevedibile nel suo canovaccio”

di Giulio Ciacciarelli

In attesa del verdetto della seconda semifinale di Coppa Italia, in programma tra due mercoledì a Milano, che potrebbe portare sulle sponde del Tevere il terzo derby di stagione, ieri sera, in un lunedì inusuale ed assolutamente inedito per le stracittadine, è andato in scena il secondo, quello di campionato.

Una partita bella e prevedibile nel suo canovaccio, che si è dipanato tra i fisiologici alti e bassi di ciascuna delle protagoniste in campo, per un esito scritto nelle velleità di ambedue le squadre; la Roma che non poteva perdere un altro derby, la Lazio che doveva pensare ad uscire dallo stadio senza troppi graffi, fisici e sportivi, in attesa del ritorno di Europa League di giovedì contro i turchi del Fenerbahce.

E’ stato quindi un pareggio, come anche la statistica indicava: l’ultimo segno X in una stracittadina risaliva addirittura all’aprile 2007, uno 0-0 senza troppe emozioni a cui invece seguirono anni e anni di derby strappacuore con una delle due curve esultante e l’altra a maledire eventi, arbitraggi e uomini in campo (per la cronaca 12 partite: 5 vittorie biancazzurre, 7 giallorosse, compreso un derby di coppa Italia a turno secco).

Fino a ieri: risultato utile ad ambedue, come detto, al termine di un match comunque vibrante e pieno di colpi di scena. E’ la Roma ad iniziare meglio, ma è la Lazio a passare in vantaggio grazie a una magia di Hernanes. La squadra di Petkovic controlla la gara e cerca di colpire in ripartenza, quella di Andreazzoli fatica a ritrovarsi se non nel finale di tempo.

L’inizio del secondo come spesso successo in passato regala la svolta alla gara: la Lazio usufruisce di un rigore che però Hernanes manda a lato. L’episodio cambia l’abbrivio alla gara, perché pochi minuti dopo è la Roma a pareggiare, altro rigore ma in questo caso Totti non sbaglia.

A breve giro arriva anche il rosso per Biava e la Lazio rimane in inferiorità numerica per la prima volta negli ultimi 4 derby, quando stessa sorte invece subirono i giallorossi.

Ma il forcing della Roma si rivela infruttuoso, nonostante due nette palle gol per i giallorossi. La parola definitiva sulla supremazia cittadina dipenderà dall’esito della semifinale di mercoledì prossimo, dove un risultato positivo della Roma significherebbe il primo derby capitolino in una finale di Coppa Italia nella storia del calcio italiano.

Tutt’altro che nulla di fatto, invece, il bilancio degli scontri avvenuti fuori dallo stadio durante il pre-gara: accoltellati, cariche, bottigliate, bombe carta, agguati, inseguimenti nel traffico, e tutto il repertorio che conosciamo ormai da 25 anni e passa di militanza da stadio e da derby.

In un escalation di tensione che da qualche tempo ormai è giunta nuovamente ai livelli di fine anni ’90-inizio 2000, sottolineata anche dalla gran parte degli striscioni apparsi sugli spalti durante la partita tra curve opposte, in cui si sono sprecate soprattutto minacce velate e messaggi cifrati incomprensibili (per i più). Un fatto che testimonia il radicale cambiamento delle regole d’ingaggio tra gruppi ultras, regole che oltretutto non sono più circoscritte alle zone immediatamente antistanti lo stadio ma interessano un’area geografica molto ampia, che va da Ponte Milvio alla zona dei Tribunali, almeno un chilometro e mezzo di raggio attorno all’Olimpico. Una zona rossa in cui anche il più navigato frequentatore di derby ormai fa fatica a riconoscere riferimenti e segnali particolari, col rischio di trovarsi, in una frazione di secondo, in mezzo a risse ed aggressioni a colpi di lame o bombe carta.

Una recrudescenza in cui non è dato sapere quale sia l’influenza della destra antisistema cittadina, che da sempre soffia dietro l’ideologia ultras delle due curve di Roma, ma che mai come in questi ultimi tempi sembra aver invaso i confini tradizionalmente campanilistici della pur dura rivalità sportiva che contraddistingue il tifo nella Capitale.

Sembra quasi di assistere a battaglie tra forze politiche contigue ma rivali, e tra esse e la polizia, più che a un confronto tra ultras che fino agli anni ’90 aveva vissuto di sue specifiche forme di attuazione e di regole non scritte ma inviolabili, a costo dell’accusa più grave per un gruppo ultras, quella dell’infamia.

Di gesti infami, come aggressioni alle spalle in tanti contro pochi o addirittura contro uno, ieri ne abbiamo visti parecchi attorno allo stadio e la sensazione che a far da volano agli scontri ci sia anche un motore politico, viste le modalità, non è più solo un semplice dubbio.

In tutto questo stupisce l’insipienza e l’irresponsabilità di stampa e istituzioni che proprio non riescono a capire quale sia la reale dimensione delle tensioni in atto. O non vogliono? La domanda sorge spontanea, se è vero che l’unica risposta è la repressione cieca e la condanna indiscriminata di tutto il mondo del tifo, meglio ancora se influenzato dalla sciarpa al coll

o.

Impossibile comprendere per quale motivo rimarcare fino all’ossessione le esecrabili manifestazioni canore di una tifoseria, e glissare sugli altrettanto disgutosi cori contro Tounkara al derby primavera della scorsa settimana o Onazi ieri sera all’Olimpico. Il brodo di coltura degli episodi di ieri è una sana rivalità sportiva, a volte anche spietata. Di certo non è nostra intenzione fare l’apologia degli sfottò tra romani anche perché sappiamo benissimo quanto siamo capaci di scendere in basso: non serve scomodare anni di insulti al povero Paparelli, basta buttare un’occhiata tra le bacheche fb dei nostri contatti, blog o un orecchio trasmissioni radio che vanno in onda quotidianamente su tutto l’etere cittadino.. Ma questa sana rivalità si è trasformata in odio puro, anche grazie alla totale irresponsabilità degli addetti ai lavori. Che abbiano un martello per sentenziare, una penna o un microfono tra le mani non fa differenza.

E rischia di trasformare l’eventuale derby di fine maggio, quello che assegnerà la Coppa Italia, in una mattanza epica, senza precedenti, in cui la possibilità che qualcuno rimanga per terra sarà davvero molto concreta, visto quanto accaduto ieri sera.