SPORT

Febbre a 90: Esultanze e striscioni

Su l’esultanza di Destro a Siena, lo striscione del derby di Torino, l’amaca di Michele Serra.

di ZeroPregi

La copertina della domenica, l’immagine positiva di questa giornata calcistica, va a Mattia Destro, attaccante della Roma e autore di una doppietta. E non perché chi scrive è romanista e ha esultato per la vittoria di ieri. C’entra l’esultanza, sì, ma non la mia (non particolarmente eccessiva) ma quella di un calciatore che ieri ha spezzato quella ormai consolidata abitudine di non esultare se segni alla tua ex squadra. Destro, no. Ieri al gol dell’1a1 è corso a festeggiare sotto i suoi nuovi tifosi, prima al gol del pari e poi a quello che sanciva la vittoria della Roma. Lo ha fatto con il massimo della naturalezza possibile, lo ha fatto perché era felice di aver segnato, lo ha fatto perché è giusto esultare. Ormai nel campionato italiano, i calciatori, categoria abbastanza ruffiana, quando segnano ad una squadra in cui hanno militato non esultano mai. Dicono per forma di “rispetto”. Quale non si sa. A me sembra una forma molto ruffiana per non crearsi ostilità o inimicizie, soprattutto in uno sport dove si cambia spesso squadra e ormai è quasi impossibile cominciare una carriera in un club e finirla sempre nello stesso. D’altronde non ho mai condiviso questa abitudine e non devo ricordare ai romanisti che ci siamo visti esultare gente come Pruzzo o Agostino Di Bartolomei, al gol la prima volta d’avversari. E non mi sono sentito offeso.

Perciò viva Destro e la sua onestà. Si è preso i fischi del Franchi, anche alcuni cori ostili, ma è rimasto tranquillo, sapere di essere nel giusto. E poi un gol senza esultanza non è la stessa cosa. Qualcuno lo dicesse anche a Balotelli.

Da Siena a Torino, dove sabato è stato esposto uno striscione piuttosto di cattivo gusto contro i morti di Superga. I tifosi juventini non hanno mai brillato per stile e intelligenza, questo si sa. E’ anche vero che se quello stesso striscione fosse stato esposto in una delle due curve romane avremmo sentito una condanna diversa. Del resto anche le parole del presidente juventino non vanno di certo contro i suoi stessi tifosi nascondendosi dietro un “Le tragedie non hanno fede”.

Gli equilibri tra tifoserie ultras e dirigenze sono sempre abbastanza particolari, anche se non sono uguali dappertutto, anzi, e ho trovato più pericolose frasi, sempre da Agnelli, tipo” In tutti gli stadi d’Italia si vedono alcuni striscioni che contengono insulti gratuiti da condannare” visto il tentativo di banalizzazione all’italiana della serie “succede dappertutto”. D’altrocanto fa specie che il moralismo arrivi proprio da quei media, che in quanto a linguaggio, provocazioni e violenze, non hanno da insegnare nulla alle curve ultras. Solo una settimana fa accompagnavano il titolo “cori antisemiti allo stadio olimpico” con la foto di una strscione che recitava “Free Palestine”, immortalato dalla curva nord. Elementi diversi che tratteggiano il degrado che c’è negli stadi italiani e intorno al mondo pallonaio, che non si sa per quale motivo, debbano essere ambienti migliori e più edulcorati della gente stessa che li popola. Perché viene condannato il linguaggio becero e razzista degli ultras e non si fa altrettanto con quello con ugualmente becero e razzista di media o politica? Perché le curve dovrebbero essere meno becere delle nostre metropoli o periferie?

Oltretutto chi si è vissuto gli anni 70/80, è cresciuto con striscioni, cori, scritte, decisamente truculente tanto quanto lo striscione di sabato scorso, se non a volte peggio. Il clima da almeno una quindicina d’anni è cambiato anche in questo, ma più per un codice ultras che non per le varie iniziative traformate in leggi anti-ultras: tornelli, biglietti nominali, tessere del tifoso, etc etc. Ma di questo non chiede conto nessuno alla nostra ministra. Anzi nessuno si sogna di contestare la Tessera del Tifoso, neanche di fronte all’evidente fallimento.

Chiudo con una segnalazione: l’amaca di Michele Serra di sabato scorso, in cui il nostro “intellettuale” di Repubblica parla del degrado di valori della classe operaia, ormai trasformatisi in ultras, come gli operai genovesi dell’Ilva venuti a Roma per la manifestazione, che osavano portare le sciarpe di Samp e Genoa! Addirittura! Dal brigatismo all’hooliganismo. Sic. L’articolo: http://triskel182.wordpress.com/2012/12/01/lamaca-del-01122012-michele-serra/

di Giulio Ciacciarelli:

Giornata di campionato interlocutoria, vincono tutte le prime sei tranne la Fiorentina, che impatta in casa contro una buona Sampdoria, ritrovatasi dopo la vittoria del derby di due giornate fa.

A proposito di stracittadine, sabato in anticipo era andata in scena quella di Torino, tra la Juventus campione in carica e i granata di Ventura. Per la prima volta, dopo 50 anni, una partita che al ritorno non si giocherà sullo stesso campo: la topografia degli impianti sportivi di Torino ha visto una metamorfosi particolare ed insolita in una grande metropoli italiana. C’erano una volta il Comunale e il Filadelfia: il primo ristrutturato completamente nel 2006 per ospitare le cerimonie delle olimpiadi invernali, ha lasciato il posto all’attuale Stadio Olimpico, il secondo è andato in disuso già da una cinquantina di anni, durante i quali, senza successo, si sono alternati grandi progetti per il recupero ad altrettanti fallimenti.

Nel frattempo è prima sorto il Delle Alpi, durante il 1990 per i mondiali di calcio organizzati dalla FIGC, poi è stato abbattuto per far posto all’attuale Juventus Stadium, il teatro della sfida di sabato scorso, mentre l’Olimpico ospiterà la gara di ritorno.

E’ l’unico caso italiano di stracittadina senza “campo neutro”, senza due curve a fronteggiarsi, senza spalti a presenza mista: a Roma, come a Milano o a Genova, gli impianti unici nel centro cittadino danno un significato molto particolare a questa partita, che si configura come spartiacque semestrale per la supremazia cittadina anche, e forse soprattutto per il fatto di condividere durante l’anno lo stesso impianto.

I tifosi del Torino sabato scorso, compattati nella piccola riserva dedicata agli spettatori rivali, hanno dato al derby un significato attutito, anestetizzato, e non solo perché i granata sul campo sono risultati di gran lunga inferiori ai rivali.

Ma è anche l’unico caso di città con una sinergia riuscita tra Comune e squadra professionistica per la costruzione su area pubblica di un impianto privato: con una variante al Piano regolatore, il comune di Torino ha ceduto al club bianconero i terreni su cui sorgeva il Delle Alpi al costo di circa 20 milioni, e così la Juventus ha potuto costruire il suo stadio adeguandolo alla normativa europea sulle barriere architettoniche e sui materiali eco compatibili, ma soprattutto al trend che vede l’impianto di proprietà come fonte primaria di ricavi.

A Roma come sappiamo la situazione è diversa: l’Olimpico resta il teatro principe delle sfide stracittadine tra Lazio e Roma, con tutto il fascino dal sapore antico, ma anche con tutte le contraddizioni che, in un momento di radicale trasformazione del calcio a livello internazionale, rischiano di far scivolare il calcio capitolino in un anonimato che l’atavica mancanza di risorse rispetto ad altre realtà italiane non potrà che sancire inevitabilmente.

Tra i pericoli di un abusivismo selvaggio, che potrebbero nascondere gli ambiziosi progetti delle proprietà dei due club, per la ostruzcione dei rispettivi impianti di proprietà, e il contratto capestro che li lega al Coni proprietario dell’Olimpico e refrattrario a qualsiasi possibilità di co-gestione del glorioso stadio (a differenza di Milan e Inter, che pagano l’affitto per il Meazza al comune, ma lo gestiscono a 360 gradi, visto che possono incassare gli introiti in caso di concerti o altre manifestazioni sportive ospitate nello stadio), le due società romane vivono nell’attesa che la politica muova i primi passi e che dia il via libera alla concessione da parte del comune delle aree interessate. Difficile, vien da pensare, in questo momento di massima crisi e con un governo centrale cosidetto tecnico.

Sorge però spontanea la domanda, nel cittadino amante dello sport e del calcio ma non solo, sul perché Roma abbia dovuto vivere negli ultimi 10-15 anni, qualsiasi sia stata la giunta, una vera e propria aggressione cementizia al suo territorio, ma lo stadio nuovo per carità, non se ne può neanche parlare, perché c’è il pericolo dell’abuso edilizio.

Una situazione surreale, migliaia di nuove unità abitative praticamente deserte, una situazione grottesca se non fosse dannatamente tragica, vista l’emergenza abitativa che da decenni strangola una grande fetta della cittadinanza romana.

Tornando al derby di Torino, da segnalare l’ennesimo striscione vigliacco e infame apparso sugli spalti d’Italia: alcuni tifosi bianconeri, non paghi della straripante supremazia della propria squadra nei confronti dei rivali, hanno voluto ricordare “sarcasticamente” la tragedia di Superga come unico fatto che caratterizza la società granata nella storia della città.

L’umorismo nero (in tutti i sensi) da parte dei tifosi della juventus non è una novità, basti pensare ai cori e agli striscioni con cui sono stati accolti i tifosi del Napoli durante la recente sfida per il primato di ottobre scorso.

Ma a risaltare sono i provvedimenti che le società, ancor prima che le istituzioni, in Europa sono in grado di prendere a carico dei propri tifosi, quando vengono colti in atteggiamenti del genere: alcuni tifosi del West Ham, sorpresi dalle telecamere mentre inneggiavano a Hitler durante la partita col Tottenham, la scorsa settimana, sono stati prima identificati e poi, ancor prima del provvedimento della giustizia ordinaria, dichiarati non graditi dalla società londinese, che gli ha imposto un proprio specifico Daspo senza scadenza.

Siamo alle solite: lo stadio spesso è un territorio in cui è possibile infangare la memoria dei morti e inneggiare ad ideologie terribili e anacronistiche sconfitte dalla storia. Ma in cui nessuno ha voglia di prendere di petto il problema: non le istituzioni, incapaci o distratte, nonostante la costruzione di uno show mediatico fatto di decine di telecamere che riescono a catturare anche i sussurri dei giocatori in campo. Non le società, che per quieto vivere non hanno la minima intenzione di “isolare i violenti” e ogni volta parlano di non meglio precisati gruppuscoli che, come da copione, “nulla hanno a che fare coi veri tifosi”. Sarà, ma intanto stanno sempre dentro quegli spalti, pronti alla prossima oscenità. E se l’esperimento di uno stadio di proprietà, che può portare benefici enormi ma che proporzionalmente assegna enormi responsabilità al club, è quello della Juventus, che permette quanto capitato contro il Napoli e il Torino sabato scorso, allora no grazie, anche questo sarà il solito fallimento all’italiana. E non sarà soltanto per l’abusivismo.