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Febbre a 90 – 3a puntata

Roma, Monaco, Pescara ad ognuno il suo calcio

La 14sima giornata di campionato di serie A si apre sabato sera con il derby siciliano tra Palermo e Catania, e riporta subito alla mente i fatti del febbraio 2007, quando il funzionario di polizia Filippo Raciti perse la vita durante gli scontri che seguirono l’incontro tra le due squadre sul campo degli etnei.

Un episodio ricordato proprio la scorsa settimana su queste pagine, attraverso il gesto dell’attaccante del Cosenza Arcidiacono che dopo una rete aveva mostrato in diretta TV una maglia con un messaggio di solidarietà nei confronti di Speziale, il ragazzo giudicato colpevole dell’assassinio del poliziotto, dopo un processo controverso che ha visto la sua conclusione poche settimane fa, con la conferma in cassazione della condanna a suo carico. Per il calciatore del Cosenza, a cui il questore aveva già notificato un Daspo di 3 anni (ne parla Claudio Dionesalvi qui: http://www.dinamopress.com/news/cosenza-il-calciatore-diffidato-con-il-daspo), si è in questa settimana aggiunta la squalifica di 8 mesi con cui il giudice sportivo ha inteso colpire il suo gesto.

Insomma, come dire dopo il danno la beffa, in quanto il calciatore, per effetto del provvedimento del questore, ha una condanna che già copre il periodo di quella comminata dalla giustizia sportiva.

Un accanimento prima mediatico, poi legale, infine sportivo, una tripla condanna che sinceramente pare abnorme rispetto a un gesto magari discutibile, ma anche amplificato oltremisura, fino a dargli un significato, quello di apologia di reato, che invece non è assolutamente accettabile.

Il mondo del calcio è ancora scosso dai fatti di Roma e dal pestaggio dei tifosi del Tottenham colpevoli di tifare una squadra cara alla comunità ebraica londinese. Un episodio che ha scatenato la solita caccia all’interpretazione sbagliata da parte dei media, Repubblica in primis, che ha cavalcato la tigre dello scontro tra tifoserie, sbattendo la Lazio e i suoi fans in prima pagina, salvo poi, una volta usciti i primi arresti, fare un rapido dietro front e incolonnarsi, seppure in maniera contraddittoria e confusionaria, alla lettura del raid antisemita.

Alcune decine di tifosi della Lazio, che dalla curva durante la partita col Tottenham hanno intonato i soliti cori antisemiti (vergognosi in ogni caso, anche se di breve durata e fondamentalmente contestati e snobbati dal resto dello stadio), sono peraltro riusciti a suffragare le campagne a senso unico ai danni dell’intera tifoseria biancoceleste. Una tifoseria non solo ancora sotto il ricatto di un manipolo di nostalgici esaltati, evidentemente ancora attivi in curva, ma a cui viene addossato il ruolo di capro espiatorio dell’intero fenomeno del revanscismo filonazista negli stadi; con una cassa di risonanza in questo caso davvero internazionale, visto il giro del mondo che hanno fatto le immagini di violenza raccolte durante il raid squadrista nel centro di Roma.

Una settimana che pure non era stata avara di episodi del genere, altrove in Europa. Uno su tutti, il più eclatante, che proviene direttamente dal rettangolo di gioco, e non dagli spalti: stiamo parlando dell’esultanza “particolare” del croato Mandzukic, bomber del Bayern Monaco, dopo un gol realizzato contro il Nurnberg la scorsa settimana. Sotto la curva col braccio destro alzato e la mano aperta e distesa (o a paletta), il tipico saluto della destra estrema nel mondo: per la società bavarese nient’altro che un banale gesto anticonformista.

Per il manager del calciatore, invece, un saluto militare come omaggio al generale Ante Govotina, comandante croato recentemente processato (e assolto) per crimini contro l’umanità dal tribunale dell’Aja. Govotina aveva condotto l’operazione Tempesta, una delle pulizie etniche più brutali e drammatiche mai viste in Europa, conclusasi con la deportazione forzata, nel 1995, in pieno conflitto serbo croato, di almeno 200mila abitanti serbi della regione della Krajna, e dell’esecuzione di almeno 150 persone.

La notizia del giorno viene da Pescara, ma non si tratta del ritorno di Zeman o della vittoria dei giallorossi: nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ricorrenza istituita dall’Onu nel 1999 e celebrata nel mondo con innumerevoli manifestazioni anche a livello sportivo, lo sport italiano e in particolare il calcio professionistico non hanno mostrato alcun particolare interesse alla questione.

Sarà perché si tratta uno sport tradizionalmente (almeno in Italia) maschilista ed omofobo, fatto sta che le celebrazioni di questa importante giornata di rivendicazione e di denuncia per un fenomeno che in Italia sta vivendo una fase di escalation cruenta e molto preoccupante (120 donne uccise da inizio anno) non si sono viste se non allo stadio Adriatico.

Il Pescara infatti è l’unica società di serie A ad aver ricordato, durante la giornata, la ricorrenza, attraverso un comunicato diffuso dagli altoparlanti poco prima dell’inizio della partita. Non è molto, d’accordo, però tanto ci basta per assegnare alla squadra abruzzese, ultima in classifica, il nostro personalissimo scudetto della solidarietà.