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Febbre a 90 – 14a puntata

La rubrica di calcio e dintorni di DinamoPress.

La notizia del giorno è che il campionato, nonostante la sconfitta della Juventus, non si è riaperto.

Una 25sima giornata che vede le prime quattro in forte difficoltà, con un solo punto realizzato, da parte del Napoli nel deludente pari interno contro la Sampdoria, e tre sconfitte abbastanza brucianti, soprattutto quelle di Inter e Lazio, che in terra toscana incappano in veri e propri naufragi e vedono ridimensionate le proprie quotazioni nella corsa al terzo ed ultimo posto valido per la CL.

La Lazio, che dopo la pirotecnica partita di EL contro il Borussia subisce una pirotecnica goleada senza colpo ferire al cospetto di un Siena alla caccia disperata di punti salvezza, viene raggiunto dal Milan che grazie al solito Balotelli, incassa la vittoria ai danni del Parma di Donadoni.

Ma accorciano anche Fiorentina, Roma e soprattutto la sorpresa Catania, a 5 punti dalla zona CL e ormai rivelazione assoluta del campionato in corso.

I viola sommergono un’Inter ormai in pieno sbando, reduce dalla settima trasferta consecutiva senza vittorie, e dalla sesta sconfitta in altrettante gare. La Roma dezemanizzata riesce a fermare la corsa della Juventus grazie a una perla del solito Totti ma soprattutto grazie a un atteggiamento accorto e a una grande attenzione nella fase di non possesso, qualità storicamente assente negli impianti di gioco delle compagini allenate dal mister boemo.

L’esonero di Zeman, che in settimana aveva scosso l’ambiente giallorosso, anche alla luce della sconfitta di Genova contro la Sampdoria, ambiente che aveva reagito con una moltitudine di appelli a favore del richiamo del mister sulla panchina della squadra, si inserisce in un solco abbastanza pronunciato, nella carriera del boemo. Si tratta di un allenatore, nonostante la fama, con una concezione di calcio antica e superata, sempre uguale a se stessa da ormai alcuni lustri, incapace di scendere a compromessi e di relazionarcisi in maniera feconda e produttiva.

L’ennesimo fallimento di fronte ad esami di un certo livello, salvaguarda sicuramente l’aura di uomo tutto di un pezzo, tanto cara ai suoi pasdaran (tali sono i suoi estimatori, in effetti), ma pone fine a un idea di calcio troppo rigida e senza prospettiva, almeno per ciò che riguarda i palcoscenici più importanti.

E’ bastato l’intervento di un oscuro ed anonimo uomo di spogliatoio come Andreazzoli, per trovare una quadratura efficace tra pregi e difetti della rosa, è bastata la seconda partita per impostare ed adottare sul campo quei correttivi tattici in grado di esaltare le qualità, minimizzare i danni e raggiungere un equilibrio in grado di far giocare la stessa Roma delle dieci sconfitte e dei tracolli incredibili in casa, tra cui l’ultimo contro il Cagliari, alla pari contro i primi in classifica.

E vincere.

Cosa che per Zeman, in alcune circostanze, sembrava quasi un accessorio in dotazione, una fastidiosa pratica burocratica, un cartellino da timbrare senza troppo entusiasmo, una scocciatura, di fronte allo straordinario monumento estetico al bel calcio di cui si è sempre vantato come unico paladino in Italia

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Un esonero forse tardivo, per gli obiettivi prefissati a inizio stagione, troppe infatti sono le squadre davanti in classifica a caccia dell’unico posto sul podio ormai a disposizione (Juve e Napoli sembrano oggettivamente imprendibili, di un altro livello per tutte).

Tra cui la sorpresa Catania, che dopo la vittoria di misura sul Bologna, scopre per la prima volta nella sua vita le atmosfere dell’alta classifica: settima, ma a 5 punti dal terzo posto, la squadra del presidente di Pulvirenti schiera un mix di giocatori esperti e giovani promesse per lo più sudamericane come forse nessun altra squadra in Italia.

Guidata da Maran, un tecnico emergente che al momento non sta facendo rimpiangere il suo predecessore Montella, anzi.

Quest’ultimo, prelevato a peso d’oro e approdato sulla panchina della più ambiziosa Fiorentina, precede la sua ex compagine di soli 3 punti, avendo però dalla sua un calciomercato in entrata a dir poco faraonico, cosa vietata per il suo successore sulla panchina del Catania, che al massimo ha potuto ottenere l’incedibilità di alcuni elementi chiave.

Intanto, nelle retrovie, mentre il Cagliari allunga sulla zona pericolo grazie alla vittoria corsara contro il Pescara, una delle avversarie dirette per la lotta salvezza, il suo presidente da venerdì mattina è ospite del carcere Buoncammino di Cagliari, accusato di peculato e falso ideologico nell’ambito dell’inchiesta sullo stadio Is Arenas di Quartu S. Elena, e sulla sua agibilità che negli ultimi mesi ha costretto il Cagliari a emigrare sulla terraferma per le partite casalinghe.

La storia parte da lontano, più in particolare dalle promesse che il sindaco di Cagliari fece a proposito dei lavori di ristrutturazione dello storico impianto del capoluogo sardo, il S. Elia, e che tanto per cambiare non mantenne.

Vista la situazione di stallo, Cellino in fretta e furia ottiene alcune (facili) licenze da parte dell’amministrazione comunale di Quartu, vicino Cagliari, e ristruttura ex novo l’impianto comunale, con utilizzo di tecnologie prefabbricate e amovibili, rispondente in tutto e per tutto alle normative sulla sicurezza Uefa, tanto che lo stadio ottiene subito la certificazione da parte dell’organizzazione calcistica europea.

L’omologazione per il campionato di serie A, però, si fa attendere, e mentre il Cagliari tra una partita a porte chiuse, un’altra persa a tavolino ed un’altra ancora disputata a Parma in campo neutro, comincia a raggranellare punti salvezza, l’indagine del Corpo Forestale rivela le modalità illecite di acquisizione di licenze e sottrazione di fondi pubblici, tramite corruttele di ogni tipo e ad ogni livello, necessari per l’ottenimento dell’agibilità della struttura.

Cellino viene definito dagli inquirenti un personaggio che agisce in “totale spregio della legalità”, che pone in essere “qualsiasi tipo di sotterfugio” pur di ottenere il suo obiettivo, ossia l’omologazione dello stadio Is Arenas.

Un po’ quello che tutti pensiamo quando assistiamo al nascere repentino di nuove urbanizzazioni in territori urbani che di tutto hanno bisogno meno che di nuove ulteriori colate di cemento da milioni di metri cubi e ci chiediamo come sia possibile che qualcuno riesca a ottenere così tanto facilmente vere e proprie “licenze di uccidere”, uccidere ambienti e cittadini in maniera gratuita e volgare, e che nessuno chissà perché riesce a smascherare.

Fatto sta che il presidente del Cagliari, assieme al sindaco di Quartu e un assessore, sono in galera, mentre il Cagliari gonfia le vele, pur senza fissa dimora, e per l’ennesimo anno riuscirà a salvarsi senza troppe ansie.

In questo ennesimo scandalo è soprattutto il calcio a perderci, perché se da una parte l’anelito dei presidenti riguardante la costruzione dell’impianto di proprietà viene indicato come l’unico modo per mantenere, anzi recuperare la competitività nei confronti degli altri panorami calcistici europei, dall’altra appare evidente come gli ostacoli della politica nostrana, che muove le sue pedine soltanto in virtù di un tornaconto di qualsiasi tipo e la classica vocazione al furto, al raggiro, all’appropriazione delle risorse pubbliche da parte di una classe imprenditoriale a dir poco spregiudicata, tramite l’esercizio di una corruzione senza freni e senza vergogna, siano i veri rapporti di forza che muovono l’economia italiana, e quindi anche di uno dei settori industriali più importanti della nazione.