POTERI

Essi muoiono

“Una grigia carriera” quella di Andreotti – scrisse un sarcastico e un po’ incazzato Aldo Moro a via Gradoli.

Uomo grigio ma non buono, grigio senza fervore – ricaricò il prigioniero delle Br a proposito del difensore della linea della fermezza, che aveva avuto la fiducia del Pci il giorno stesso del rapimento. Altro che “metafisica del potere”, come oggi commentano i giornali, tingendo di demoniaco e di nostalgico il depositario (presunto) di terribili segreti, comprimario tenace e soprattutto superstite dei big democristiani, faccendiere di tutti gli intrighi vaticani, mafiosi e Cia e solo in quanto tale interlocutore e interfaccia fra lo Stato italiano, l’Olp e il Pci. Uomo privo di pietà – si trattasse di Salvo Lima o di Moro, sacrificati con eguale indifferenza alla ragion di Mafia o alla ragion di Stato – e che dunque non ne merita una postuma, quale gronda nelle commemorazioni ufficiali e nell’interesse discreto per le sue carte chissà a chi affidate per postumi ricatti (ma non esageriamo, i complici sono in gran parte morti o fuori uso). Zù Giulio (come lo chiamavano affettuosamente gli amici siciliani) ebbe complici mediocri, da Gelli a Maletti, da Evangelisti, Ciarrapico e Sbardella ai fratelli Vitalone, ai cugini Salvo e a Sindona, e avversari mediocri, per quanto insidiosi come Pecorelli. La sorte lo sbarazzò, in un modo o nell’altro, dei più imbarazzanti fra gli amici e i nemici.

Ammiratore del criminale Graziani, per carpire i voti della destra ciociara nel 1953 lo abbracciò pubblicamente (come si dice avesse fatto, più privatamente, con Totò Riina). Fu amico dei peggiori speculatori e traffichini di Roma e meraviglia che il candidato sindaco pieddino Marino l’elogi come padre costituente. Il suo contributo culturale attivo fu la censura ai «panni sporchi» del neorealismo cinematografico, quello passivo l’aver recitato in un cameo con Sordi e l’aver ispirato il Divo di Sorrentino.

Passò indenne, per prescrizione o Cassazione, per i processi Cosa Nostra e Pecorelli, sopravvisse indenne alla prima Repubblica, pagando tuttavia con la mancata elezione a Presidente le stragi mafiose di cui lo accusarono di essere a preventiva conoscenza. I suoi ultimi gesti politici, come senatore a vita, furono il sostegno al Family Day e il sabotaggio che portò alla caduta del governo Prodi nel 2008.

Per Berlusconi, Andreotti è stato il protagonista e il simbolo dell’«Italia migliore, l’Italia dei moderati, la nostra Italia». E tanto basti sulla lapide.