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Ennesimo femminicidio in Argentina: cortei, rabbia e dolore per Micaela Garcia

Sabato 8 aprile è stato ritrovato il corpo senza vita di Micaela Garcia, 21 anni, militante femminista e attivista del Movimento Evita. Rabbia, dolore, lutto collettivo che si trasforma in cortei e mobilitazioni nelle piazze di tutto il paese.

Sabato alle 20, in tutte le piazze delle città argentine, migliaia di donne e uomini sono scesi in piazza, per dire basta alla violenza patriarcale e ai femminicidi, denunciando le responsabilità dello Stato. Nella foto che il Movimento Evita, a cui la giovane apparteneva, ha fatto circolare per ricordarla, appare sorridente mentre gioca con i bambini, impegnata in attività sociali e politiche nella sua città, in lotta per un mondo migliore, senza ingiustizie, diseguaglianze, violenze di genere. Una studentessa di 21 anni, una militante, impegnata nelle lotte sociali della sua città e del paese. Da poche ore gira un video per ricordare Micaela, lei indossa la maglietta Ni Una Menos, le parole scorrono sulle immagini, e si ripetono nelle piazze di lutto e di rabbia, che trasformano il dolore in azione collettiva “Guardala in faccia, e scendi in piazza. Guardala e chiediti se continuerai ancora a dire qualcosa su come andava vestita, a che ora girava da sola, che posti frequentava. Guardala e parla di lei con i tuoi amici, la tua famiglia, i tuoi colleghi. Guardala bene, e non ti dimenticare di lei. Perché questa ragazza non c’è più, ma adesso rappresenta la nostra rabbia, la nostra lotta, la nostra voglia di giustizia”.

Viveva a Gualeguay nella provincia di Entre Rios. E’ scomparsa sabato notte, all’uscita da una discoteca. Per una settimana nessuna traccia, cortei, mobilitazioni, manifestazioni in diverse città, la solidarietà, la rabbia e la paura che portano la sua foto ovunque, con la richiesta: “Apariciòn con vida”. Come si diceva per i desaparacidos durante la dittatura. L’ultimo femminicidio di una lunga serie: uno ogni 18 ore in Argentina. Come scrive su La Garganta Poderosa la giornalista ed attivista femminista Claudia Acuna, secondo gli stardard internazionali in Argentina ci dovrebbero essere 4500 centri antiviolenza, ce ne sono 23. Il governo ha smantellato i programmi di educazione sessuale e di prevenzione della violenza, e lo Stato, ancora una volta, è responsabile di un femminicidio. “Per questo Micaela sarà un simbolo ed una bandiera che porteremo nelle piazze per chiedere giustizia e perchè non accada mai più.” Non si tratta ogni volta di nuovo di uno stupratore o un assassino, ma di qualcosa di molto più grande e complesso, il patriarcato e il machismo. “Il dolore ci deve servire per cambiare questa società, come faceva Micaela. Non occorre farsi giustizia da soli, ma lottare per la giustizia, per un mondo migliore” dice il padre della ragazza al giornale Pagina12 dopo il ritrovamento del corpo della giovane struprata ed assassinata.

Sotto attacco anche la decisione del giudice di scarcerare in libertà condizionata per buona condotta, nonostante i rapporti negativi del servizio penitenziario, il presunto femminicida Sebastian Wagner, che aveva già scontato 9 anni di carcere per violenza sessuale, arrestato con l’accusa di omicidio dopo aver confessato alla polizia il luogo in cui si trovava il corpo di Micaela. Il collettivo Ni Una Menos nel comunicato successivo al ritrovamento del corpo di Micaela mette sotto accusa il governo, lo Stato e il sistema Giudiziario. Chiedendosi quali siano state le ragioni di questa liberazione, ma affrontando anche il problema alla radice:“quali politiche vengono portate avanti dallo Stato nelle carceri per far si che i detenuti una volta liberati non tornino a delinquere? Quali politiche post-detenzione sono portate avanti dallo Stato per prevenire e fermare le violenze di genere?”

Il comunicato si conclude sostenendo che “nè la richiesta di più carcere né quella di condanne più lunghe sono risposte adeguate. La violenza contro le donne, lesbiche e trans non si risolve con il codice penale – uno strumento che comincia ad essere effettivo solo dopo che la violenza si è già impressa sui nostri corpi – ma abbiamo bisogno di politiche integrali di prevenzione per un problema molto complesso e di uno Stato che smetta di essere complice e prenda in seria considerazione l’impegno per affrontare questo problema”. Sia lunedì 10 che martedì 11 si tornerà in piazza. Per riconquistare passo dopo passo le strade al machismo e al patriarcato, denunciando le complicità dello Stato. E per rimettere al centro i copri che difendono la vita, collettivamente, per Micaela e per tutte le altre.

Micaela trovata morta: lo Stato è responsabile di ogni femminicidio