Enel: #guerrieri del nulla

Perché è fallita la campagna pubblicitaria della multinazionale dell’energia?

Pensa veramente di lottare per qualcosa a parte la sua sopravvivenza?

Matrix Revolutions

Un magazziniere che fa il turno di notte, poi un donna che prende la macchina all’alba, una ragazza sull’autobus, un uomo bloccato nel traffico sotto la pioggia. Uno studente giovanissimo, una ragazza in un supermercato, un impiegato di mezz’età, un’operaio di fabbrica, un giovane professore. L’inquadratura si avvicina lentamente a ognuno, non sono i classici volti perfetti e anonimi da spot televisivo, sembrano persone vere grazie alla perizia drammaturgica di Andre Stringer, uno dei migliori registi pubblicitari sul mercato.

La voce fuoricampo accompagna le immagini riuscendo a perimetrare con elegante semplicità i contorni di quella working class che sfugge alle maglie teoretiche degli intellettuali di sinistra: siamo guerrieri!

Sembra l’incipit di un poema epico e ci si aspetterebbe – a questo punto – che i guerrieri vengano chiamati all’azione, gli venga indicato un sogno, che gli si offrano nuove armi o al limite gli si metta in mano un gratta e vinci per cambiare la propria condizione individuale.

Invece nulla di tutto questo accade: siamo guerrieri e ce la dobbiamo continuare a cavare da soli: “Qualunque sia la tua battaglia, hai tutta l’energia per vincerla”.

Solo a questo punto fa la sua comparsa il marchio Enel che ci invita a raccontare la nostra storia sul loro sito dove si scopre che i guerrieri più valorosi riceveranno in premio “5 biciclette elettriche”. Pare davvero un po’ pochino.

Nel linguaggio della pubblicità si chiama overpromise e significa creare nel consumatore un’aspettativa eccessiva rispetto a quanto l’azienda può realmente offrire. La percezione del consumatore è che proprio l’azienda sia tra i responsabili delle condizioni che lo costringono a diventare un guerriero: le bollette tra le più alte d’europa, i danni ambientali delle centrali a carbone, le violazioni dei diritti sindacali in America latina, le ingerenze in importanti scenari bellici.

Enel aveva presentato la campagna come una piattaforma di “storytelling”. Eppure di narrativo la campagna #guerrieri non ha veramente nulla.

Sembra una campagna istituzionale di uno stato totalitario.

Riecheggiano l’eroismo di Stachanov e La Carta del Lavoro fascista (per questo non è un caso che lo spot sia subito piaciuto a qualche gruppuscolo dell’estrema destra) .

I protagonisti dello spot sono sfruttati che lottano per la sopravvivenza ma per loro non c’è alcuna promessa, nessuna speranza, nessun futuro. Solo l’appello a un “orgoglio operaio” privo di giustificazioni e di prospettiva. Da questo punto di vista Enel non mente, enuncia con precisione una prospettiva “ideologica”. I protagonisti non sono guerrieri, ma assediati che devono imparare a considerare la trincea in cui li costringe la recessione la propria casa. Devono imparare a scoprire l’orgoglio animale della sopravvivenza. Nulla più di questo.

Il risentimento verso questa richiesta implicita poteva forse essere contenuto dentro confini più rassicuranti se Enel (o la sua agenzia pubblicitaria) non avesse sentito l’esigenza (tanto di moda) di estendere la campagna sui social network. Così nel giro di qualche settimana sull’hashtag #guerrieri si è consumato un vero e proprio take over che – dal 23 settembre – lo ha trasformato in via quasi esclusiva in uno strumento di critica alle attività poco etiche di Enel. Era già successo a MacDonald lo scorso anno ma ogni giorno anonimi censori pagati dalle più importanti aziende sono costretti a un certosino lavoro di censura sui post di Facebook o i commenti su YouTube.

Su queste questioni c’è un dibattito infinito tra i “pubblicitari democratici” che vorrebbero che aziende si presentassero in modo trasparente, attente alle critiche dei consumatori e aperte alla conversazione sui social media. Un approccio che può valere per qualche piccola azienda etica, ma se – sull’onda dell’entusiasmo della moda pubblicitaria – è una multinazionale a farlo, non può che vedersi riflessa nello specchio delle proprie nefandezze.

*Lo screenshot è tratto da questo articolo dei WuMing che racconta il fallimento della campagna di Enel