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deLiberiamoRoma, occupato il Governo Vecchio

Centinaia di persone aderenti alla campagna deLiberiamo Roma hanno aperto le porte del Governo Vecchio, la vecchia sede della casa delle donne per pretendere l’utilizzo sociale del patrimonio immobiliare pubblico. Alle 15 in Campidoglio saranno consegnate le proposte sulle quattro delibere cittadine d’iniziativa popolare su acqua, scuola, patrimonio, finanza pubblica.

I cultori dell’estimo edilizio definiscono Palazzo Nardini di via del Governo Vecchio (rimasta nell’immaginario cittadino “la casa delle donne” che nel 1976 l’occuparono a seguito di una manifestazione notturna dipanatasi nell’intera città al grido “riprendiamoci la notte”) “un limbo catastale” perché le istituzioni (Comune e Regione) che, da decenni nulla fanno per la sua manutenzione, si scaricano a vicenda la proprietà. Il risultato? Oggi un arrugginito catenaccio e un altrettanto terrificante lucchetto, serra il portone quattrocentesco di questo edificio misurando, come un qualsiasi metro alla Moccia, il doppio bugnato a punta di diamante che l’incornicia.

Eppure siamo all’interno di quel sistema viario che il Papa del Rinascimento Sisto IV, su suggerimento del Bramante (che alcuni vogliono come autore anche di questo edificio), volle realizzare per aprire e connettere il Vaticano, ad oriente, oltre il Tevere, con lo sviluppo della città.

Quella che oggi chiamiamo “Governo Vecchio” è infatti la vecchia via del Parione che, con via di Panico e dei Coronari rappresentava il sistema dei percorsi urbani disegnati nella pianta della città “a ventaglio” che, convergenti verso il ponte di Castel S.Angelo, esaltavano l’accesso al Vaticano. Una via importantissima che ha determinato una sistemazione urbanistica restata immutata fino agli sventramenti fascisti degli anni ’30.

Oggi Palazzo Nardini è stato riaperto con un occupazione simbolica fatta dai molti (oltre 70 le organizzazioni che animano la campagna “deLiberiamo Roma”) che lo hanno assunto quale convitato di pietra del riutilizzo a fini sociali del tanto abbandonato e inutilizzato patrimonio immobiliare cittadino, che Renzi e Marino vorrebbero alienare per “fare cassa”. Riprendersi l’esistente come “diritto alla città” però non basta. Le delibere d’iniziativa popolare, che oggi stesso saranno presentate al Comune per iniziare la raccolta delle firme e poi discuterle in aula Giulio Cesare, così come impone lo statuto capitolino, sono quattro. Insieme a strappare agli energumeni della rendita e all’appetito del mercato immobiliare il patrimonio pubblico, le delibere interessano la ripubblicizzazione del servizio idrico, ovvero: la difesa del referendum del 2011; spezzare il Patto di Stabilità interno con “l’introduzione di altre misure di finanza pubblica e sociale che contrastino gli effetti che la crisi economico-finanziaria rovocano nella popolazione”; il diritto allo studio, il potenziamento delle risorse per le scuole pubbliche e dire basta ai finanziamenti alle scuole private.

Un panorama “romano”molto diverso da quello che Marino e i suoi assessori si accingono a disegnare, in ossequio a Renzi e al co-sindaco Alfano, fatto di austerità, tasse e privatizzazioni. L’inizio della raccolta delle firme è fissato per il 25 Aprile nel corso delle molte iniziative che ricordano la fine della tirannide fascista.

Firme e parole per continuare a riportare Roma a riprendersi i propri diritti non poteva che avere inizio, molto più che simbolicamente, dal palazzo di via del Governo Vecchio, dove le donne riuscirono a reinventare, con quella lunga occupazione sul finire degli anni ’70, le tematiche del movimento con cui seppero parlare alla città. Governo e Sindaco oggi vogliono continuare a minare questo rudere e criminalmente abbandonarlo a vantaggio di una miriade di luoghi del consumo alimentare e del vestiario, che giorno dopo giorno cancellano il suo essere stato nel corso dei secoli, pur per motivi differenti, uno spazio pubblico della città. A noi impedire questo e tanto altro.