ROMA

Chi è in debito con chi?

Rifiutare il debito pubblico di Roma è il primo passo necessario per riscrivere radicalmente presente e futuro della città. A quanto ammonta questo debito? Come è maturato? Chi sono i creditori?
Video completo dell’assemblea di autogoverno sul debito

Bisogna riafferrare fra le mani il tema della rottura delle compatibilità imposte dall’Unione Europea, senza ricadere nelle secche neo-sovraniste ed agendo il rifiuto della logica neoliberale del debito a partire dallo spazio municipale. Questo è l’obiettivo di fondo che muove l’iniziativa in programma per venerdì 10 giugno alle ore 17 , nel quartiere Tufello di Roma, a Piazza degli Euganei. L’iniziativa è promossa dal “Gruppo Audit sul debito di Roma”, costituitosi all’interno del percorso «Decide Roma», che prova a coniugare il lavoro di ricerca e di inchiesta sul debito della città di Roma (la sua composizione e la sua origine), insieme alla necessità di costruire lotta politica sul debito illegittimo.

La trasformazione in chiave neoliberale dello Stato ha intessuto sin dalla sua origine un’intima relazione con un nuovo “uso politico capitalistico” del debito. L’indebitamento pubblico, in modo particolare, ha smesso di essere, almeno sul piano prevalente, la garanzia della continuità della spesa sociale. Quella spesa sociale, che a partire dal secondo dopoguerra, era stata strappata dalle lotte, dalle richieste di nuovo welfare e di migliori condizioni di vita. Al contrario il debito pubblico negli ultimi venti anni almeno, in Europa in modo evidente, è stato trasformato come leva per un nuovo assoggettamento, per una nuova spoliazione delle nostre vite, contribuendo a quella «fabbricazione del soggetto neoliberale», tante volte analizzata in questi anni. Un economista americano neoliberale, James Buchanan (premio nobel nel 1986), che ha partecipato alla fondazione del laboratorio neoliberale, nonché uno dei primi sostenitori del pareggio di bilancio in costituzione, ha ripetuto a più riprese che il debito pubblico costituiva una forma di potere in mano agli “elettori” appartenenti alle classi sociali povere e ai lavoratori. Aggiungendo che un elevato debito pubblico costituiva un’ipoteca sul futuro delle nuove generazioni, poiché costringeva lo Stato ad aumentare le tasse, riducendo la possibilità di scelta e quindi la libertà degli individui. Da questa sua lettura, condivisa da tanti altri economisti neoliberali, ne discendeva ciò che abbiamo sperimentato sulla nostra pelle, ossia che bisognava far accettare ai paesi con più alto debito pubblico, politiche di alienazione del patrimonio, tagli alla spesa pubblica, imposizione fiscale regressiva. Una vera e propria impostura quella di attaccare le forme della riproduzione sociale, della qualità della vita, agitando ideologicamente l’astrattezza della libertà di scelta degli individui!

Il debito di una città, come quello di Roma, a differenza del debito pubblico nazionale, mostra con ancor maggiore evidenza la sua natura privatistica. Poiché, sul piano giuridico, corrisponde ad un insieme eterogeneo di contratti stipulati con imprese di servizi (o imprese industriali), oppure, con banche (private e pubbliche, come nel caso di Cassa Depositi e Prestiti) che fanno credito al Comune. Da questa prospettiva si scorgono elementi estremamente interessanti sulla natura dello Stato neoliberale, come agente che opera attraverso la regolazione di contratti privati di mercato.

Alla fine del 2014 il debito di Roma ammontava ad 8,6 miliardi di euro, di cui 7,4 miliardi gestiti dal commissario straordinario ed 1,2 miliardi direttamente dal Comune. Se tutto dovesse proseguire come ora, come stabilito dal piano di rientro, entro il 2048 il Comune si troverà a pagare complessivamente 7 miliardi di interessi alle banche e principalmente a Cassa Depositi e Prestiti. Di fatto si predeterminano tutte le scelte di finanza pubblica, tagliando e privatizzando servizi essenziali, pur di assicurare il pagamento degli interessi (con un tasso di interesse in media del 5%) alle banche. Inoltre, va considerato, secondo le stesse affermazioni del commissario straordinario Silvia Scozzese, che per il 43% delle posizioni debitorie del Comune di Roma – pari a quasi 2 miliradi di euro – non si conosce neppure il soggetto creditore. Questi sono per noi solo una parte dei debiti illegittimi che andrebbero immediatamente ricontrattati o cancellati. Un Audit sul debito pubblico nella città di Roma, inteso come un’istituzione autonoma indipendente con potere di scelta, serve proprio a questo, ossia ad individuare quanta parte del debito si è formata allo scopo di assicurare quei diritti di cittadinanza incomprimibili, legati al funzionamento delle istituzioni della riproduzione sociale, e quanta parte, invece, sottende un vero e proprio trasferimento di reddito e di ricchezza alle istituzioni finanziarie.

Di questo in estrema sintesi si discuterà il prossimo venerdì, durante l’Assemblea di autogoverno sul debito, dove sarà presentato il primo rapporto sul tema elaborato dagli attivisti di «Decide Roma», insieme all’economista Marco Bertorello, al giurista e studioso dei beni comuni Alberto Lucarelli e agli attivisti napoletani di Massa Critica.