POTERI

Basta non chiedere

Assolutamente di cattivo gusto informarsi sull’età delle donne, sia mature che giovanissime. Sconsigliabile domandare se quel mucchietto di polvere bianca sul tavolino è bicarbonato. Ancora: cosa sta scritto nel patto del Nazareno, ma vuoi farti i cazzi tuoi?

Per un giorno interminabile le tragedie del mondo (l’invasione di Gaza, la guerra in Ucraina con i suoi cruenti sviluppi aerei) hanno tenuto il proscenio nel mondo, appunto, mentre nella provincia Italia sono passati in secondo piano rispetto all’esito, beninteso discutibile, del processo Ruby in appello. Parlare di armi di distrazione di massa è davvero un eufemismo.

Dopo lo scandalo, l’esultanza e i pianti, è venuta l’ora crepuscolare della meditazione e del rimuginare strategico: giova di più a Berlusconi, al suo sito mirror Renzi o magari ad Alfano (senti senti, esiste Alfano, il kazaco). Con la notte sono arrivati gli alti lai delle prefiche della sinistra manettara, rinnovante l’ossessione anti-berlusconiana che l’ha buttata nelle braccia di Renzi in buona compagnia con i berlusconiani alla ricerca di un leader meno bollito.

Certo, qualche ragione ce l’hanno, visto che la sentenza è arrivata sull’onda lunga di una serie di manovre di “riconciliazione” miranti a salvaguardare il complesso delle pretestuose riforme istituzionali ed elettorali di Renzi.

Però sembra difficile condividere l’accorata conclusione di una bella e amara riflessione di Lucia Annunziata: «Una generazione esce sconfitta da questa sentenza, ha avuto torto». Che possono pensarne quanti si sbattono ogni giorno fra stages, CV, fantomatiche borse di studio, lavoretti precari, Garanzia Giovani, babysitteraggio e partite Iva fasulle, magari domani arruolati nel Servizio civile a sostituire con metà salario altri precari? Questa generazione (forse più di una) sta subendo altri torti e altre sconfitte, soprattutto spera in altro che non il ristabilimento dell’Eterna Giustizia e che la Spada della Legge infilzi il Caimano.

Tutti i difensori della più bella Costituzione del mondo, le donne perbene, i paladini del diritto e dell’onestà, sono in grande maggioranza saltati sul carro di Renzi e i pochi riluttanti –da Zagrebelsky ad Annunziata– si limitano a protestare confessandosi sconfitti. Rendiamo l’onore delle armi, ma segnaliamo nel contempo che le lotte stanno altrove, stanno dove la crisi ha colpito più duramente, dove il problema è il contrasto del Jobs Act e solo ricasco dell’elettività del Senato e delle preferenze.

Che anche il M5s si sia incartato su quegli obbiettivi è un segno di maggior realismo politico ma anche di cedimento al renzismo: restando in una prospettiva governamentale si aggrappano ai dettagli delle procedure elettorali e dei rimborsi della casta, chiudendo gli occhi sul saccheggio finanziario del lavoro vivo e sull’autoritarismo strutturale neo-liberale. In tal modo finiranno prima o poi alla corte del Rignanese, quando si saranno stancati degli urlacci del Grullo. La conduzione della trattativa con il Pd lo fa capire.

Oggi molti ammirano Berlusconi tornato a galla, ma ben presto la logica politica riprenderà il sopravvento e i punti di riferimento torneranno a essere lo schieramento sedicente riformista (sempre più incalzato dall’Europa che vuole tagli retributivi e non supercazzole creative) e i suoi avversari sociali reali: “beneficiari” del decreto Poletti, gli occupanti de-residenzializzati dal decreto Lupi, la moltitudine dei disoccupati e dei poveri relativi e assoluti. Non stupisce che a siffatte categorie delle “riforme” che imperversano sui quotidiani di oggi interessi quanto delle vicende truffaldine e boccaccesche degli anni 0.

Chi ha la fissa (ammettiamolo, non cervellotica) dell’assetto istituzionale e perfino di una questione morale può farne un reale motivo di lotta soltanto inserendolo nella condizione e nelle lotte di una generazione successiva alla loro, la vera vittima del compromesso storico e poi delle larghe intese, il cui contenuto materiale è stato la flessibilizzazione del lavoro e lo sfruttamento biopolitico. La corruzione, di cui sono complementi la diseguaglianza e l’illibertà (scrisse un Fiorentino verace d’altri tempi), non è una sventura antropologica, ma il collante della finanziarizzazione. Il punto è il Jobs Act, non la casta. L’Expo è il lavoro gratuito che propone ai giovani per fare curriculum, non le mazzette per gli appalti. Il problema non è astrattamente la “crescita” ma i bassi salari e la mancanza di un salario minimo e di un reddito di cittadinanza.

Senza una rottura con la logica neo-liberale e con la sua forma organizzata (il Pd e la coalizione renziana), tutti i buoni propositi della società civile, giustamente indignata del connubio fra un berlusconismo in declino e un renzismo in ascesa, non vanno da nessuna parte, si sperdono in luttuosa elegia e giustizialismo rancoroso, alimentando soltanto mormorazioni da gufi sulle difficoltà che invero crescono sul cammino di Renzi. Senza costruire un’alternativa, solo aspettando che si rompa il collo a forza di correre in modo dissennato. Ma non è detto che chi verrà dopo sarà meglio.