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6 dicembre in movimento da scuole e università

Una giornata intensa che ha visto migliaia di giovani e studenti scendere in piazza a Roma, dopo settimane di agitazione nelle scuole con occupazioni e mobilitazioni diffuse su i territori. Verso il vertice europeo sulla disoccupazione giovanile che si terrà in primavera a Roma.

A Tor Vergata era prevista la visita del Ministro dell’Istruzione Carrozza per l’inaugurazione dell’anno accademico. L’esponente del governo di unità nazionale per i sacrifici non si è presentata, ma ad aspettarla un lungo serpentone partito dallo studentato occupato di Boccone del Povero fatto di studenti di Tor Vergata e della Sapienza e delle scuole di roma est e roma sud. Il corteo ha contestato la continuità con il progetto di dismissione di scuola e università pubblici che la Carrozza, in piena continuità con la Gelmini e in nome del merito sta portando avanti, rivendicando non solo il diritto all’istruzione ma un nuovo welfare, reddito e diritti.

Dalla Sapienza e da Piramide studenti medi e universitari si sono ritrovati per fare visita al Ministero della Gioventù, blindato e inaccessibile, per contestare le politiche d’austerità che colpiscono in maniera così dura studenti e precari. Sulla via del ritorno è stata sanzionata una sede di Trenitalia in solidarietà con la lotta No Tav.

Dalle piazze romane l’indicazione di continuare e allargare la mobilitazione nei territori per arrivare a contestare il vertice europeo che si terrà a Roma in primavera.

Non solo gli studenti in movimento ieri a Roma: i movimenti per il diritto all’abitate hanno occupato il cantiere della Nuvola di Fucksas all’Eur per chiedere al Comune di Roma risposte concrete sul tema della casa, mentre si continuano a bruciare risorse in grande opere e speculazioni, mentre Action con gli occupanti di Ponte di Nona ha invaso una filiale dei Monti dei Paschi di Siena

Comunicato delle assemblee di facoltà di Scienze Politiche, Filosofia, Medicina e Lettere – La Sapienza:

“Non c’è nulla da inaugurare!” Questo lo slogan con cui il corteo di centinaia di studenti delle università e delle scuole superiori ha contestato l’inaugurazione dell’anno accademico dell’ateneo di Tor Vergata.

All’evento doveva essere presente anche la ministra Maria Chiara Carrozza, la democratica professoressa proveniente dal mondo dell’eccellenza accademica, parte integrante di quel governo di larghe intese che in Italia funziona da ragioniere contabile agli ordini della Troika, nell’applicazione delle misure di austerità. Si presenta con la coscienza pulita, la ministra, e mentre racconta di voler difendere l’università pubblica, i fondi destinati al finanziamento della stessa diminuiscono inesorabilmente e, quei pochi che restano vengono veicolati verso un esiguo numero di poli scelti in base ad una fallace logica del merito e della valutazione, lasciando indietro tutti gli altri e impedendo di fatto, ai più, l’accessibilità ad una formazione degna.

Lo si è visto chiaramente quando, poche settimane fa, quasi clandestinamente, è circolato – salvo scomparire poco dopo nel nulla – una bozza di riforma dell’università che parlava di nuovi tagli, nuovi parametri da seguire, nuove barriere.

Da allora, Carrozza è stata contestata dagli studenti in ogni singolo Ateneo in cui ha provato ad intervenire.

Anche oggi la ministra ha deciso di non venire a Tor Vergata, di disertare il confronto pubblico pur di non prendere atto che i ministri dell’austerity non sono bene accetti nelle facoltà e ogni volta verranno respinti e contestati da chi ogni giorno subisce i danni delle loro politiche scellerate, da chi già a vent’anni vede la propria esistenza ipotecata ad un futuro di precarietà.

All’inaugurazione di Tor Vergata è rimasto solo Pietro Grasso, presidente di un’istituzione – il Senato – ormai del tutto illegittima, che continua a votare le leggi di stabilità che l’Europa impone, i tagli all’istruzione, al welfare, alla sanità. Un’inaugurazione, blindata dalle forze dell’ordine, inutile e arrogante.

Gli studenti in corteo sono partiti dallo studentato liberato di Boccone del Povero, emblema – al pari di quello di via De Lollis – di un welfare giovanile ormai smantellato fino alle fondamenta, emblema di un diritto allo studio che è ormai soltanto utopia, emblema dell’incapacità e dell’inutilità di un’amministrazione regionale che non può, non sa e non vuole garantire posti letto, che esistono, a chi ne ha la necessità, ma preferisce farli marcire nell’abbandono, tra le corrotte lungaggini amministrative fatte di appalti e subappalti, lasciando a molti giovani come unica scelta la rinuncia degli studi.

È un bed block ad aprire oggi il corteo, festante e colorato: sono dei materassi – simbolo dei posti alloggio che gli studenti aventi diritto non hanno e di cui si stanno riappropriando – portati come striscioni per dire che è da lì che si riparte, dalla riappropriazione di ciò che ci spetta: diritti, casa e reddito.

Tanti, tantissimi gli studenti dalle scuole superiori: giovanissimi delle periferie romane, quelle periferie in cui spesso non è facile vivere, dove sembra quasi impossibile parlare di futuro, dove i tagli hanno la forma delle scuole che cadono a pezzi, dove non è difficile capire che la Carrozza ha la stessa faccia della Gelmini; quelle periferie dove la voglia di cambiamento esplode irrefrenabile nelle occupazioni a cascata.

Una nuova giornata di lotta e di presa di parola pubblica di tutto il mondo della formazione che oggi più che mai parla della necessità di riaprire percorsi concreti di mobilitazione e di allargamento, di attivazione di massa, di connessione delle lotte, di coagulazione del dissenso e del conflitto, a partire dall’attraversamento dei nostri territori fisici e sociali, per arrivare, anche oltre l’autunno, a spiazzare le forme rituali delle mobilitazioni.

Non c’è scusa che tenga. Non vogliamo percorrere strade già navigate ma esplorare quanto più possibile le trasformazioni che viviamo, trovare soluzioni comuni a problemi che trasversalmente toccano le nostre vite. Oggi una ministra delle larghe intese che è complice della definitiva distruzione dell’università e del mondo della formazione, è stata rifiutata, per l’ennesima volta nel giro di qualche settimana, dal corpo vivo di questo paese. Allo stesso tempo chi, magari in primavera, si sta immaginando un vertice sul lavoro e sulla disoccupazione giovanile in Europa dovrà fare i conti con noi, con chi al ricatto dell’austerity risponde organizzandosi a partire dai bisogni collettivi e dalle relazioni quotidiane nei luoghi sociali e nelle piazze, inondandoli coi propri corpi e il desiderio di riconquistarsi il diritto a decidere della propria vita.