ROMA

28 novembre, Scup rischia lo sgombero.

Torna per la terza volta l’ufficiale giudiziario, che ha chiesto l’intervento della Questura. Mobilitiamoci contro l’arroganza della proprietà e dell’Unieco.
Leggi il dossier Scup contro la speculazione

Scup è il centro di sport e cultura popolare nato dall’occupazione di uno stabile abbandonato nel cuore di S.Giovanni, a via Nola 5.

Non si tratta solo di difendere uno spazio, che già è tanto. Si tratta di prendere posizione tra due visioni in conflitto.

Da una parte, c’è il meccanismo che ha portato alla richiesta dello sgombero, fatto dell’armamentario peggiore dei mali del nostro Paese, del suo Capitalismo e della Classe dirigente.

C’è lo Stato – e in particolare il secondo Governo Berlusconi – che ha dismesso lo stabile ( dentro un pacchetto di 4 miliardi di beni pubblici), senza interpellare i cittadini, con un meccanismo di fondi immobiliari e scatole cinesi ( qui trovate i particolari dell’operazione).

Uno Stato che ha poco a che fare con il concetto di “pubblico”. La finanza creativa di Tremonti, non era una parentesi, era l’anticipazione di un modello; ma non ci siamo fermati in tempo.

C’è UNIECO, un colosso della lega delle cooperative, che ha comprato lo stabile ad un terzo del suo valore tramite un prestanome. Ma UNIECO ha le mani in pasta nell’expo, nell’inceneritore di Parma e in quello di Napoli est, nel terzo valico di Genova, per fare degli esempi.

La UNIECO è sull’orlo del fallimento e ha fatto un accordo con le banche in cui si impegna a vendere beni per 107 milioni. Vogliono privare la città di Scup per darla alle banche.

Il mutualismo è la storia, il presente è fatto di speculazioni e di operazioni losche.

C’è dunque la penetrazione in tutti gli aspetti dell’organizzazione sociale della dittatura della finanza che ha portato alla crisi. E soprattutto manca la democrazia.

Dall’altra parte c’è Scup e ciò che rappresenta.

Precari e cittadini, che stufi di essere sfruttati da un mercato impazzito, non rassegnati a fuggire all’estero o a cadere nella depressione, usano la loro passione e professionalità, fornendo servizi per tutti ( pubblici dunque) e restituendo un bene alla comunità che ne era stata privata.

Palestra, osteria, bar, radio, sportello di consulenza psicologico, ludoteca e spazio bimbi, biblioteca, aula studio e corsi di lingua, orto. Corsi di teatro e spazi per seminari e convegni, Wi fi libero e mercato di produttori e artigiani. Tutto popolare.

Scup si pone sulla scia delle numerose occupazioni produttive che si sono susseguite negli ultimi anni, spazi che individuano nella cooperazione, nel mutualismo e nella messa in comune di professionalità e passioni un modo per uscire dalla crisi.

Spazi di democrazia dove le comunità territoriali tornano a decidere sulle sorti del proprio territorio. Spazi che contribuiscono a costruire una idea di città a misura di chi la vive e non di chi la aggredisce.

Se lo Stato con il pretesto del debito gioca a fare il Broker, le comunità inventano nuove istituzioni, provano a rifondare la democrazia.

Di fronte a tutto questo la proprieta privata deve arretrare.

Questo il punto.

Il mito della proprietà, l’esclusione, la scarsità e l’egoismo che la caratterizza, deve fare un passo indietro rispetto ai beni comuni.

E così, del resto, si realizza concretamente quella “funzione sociale” che la costituzione assegna alla proprietà, ma che è rimasta lettera morta, usata per espropriare i piccoli proprietari che hanno la sfortuna di impattare con una inutile grande opera. Cosìla Costituziona ha un senso, se no è un simulacro.

La classe politica, e soprattutto il sindaco Marino, devono decidere da che parte stare. Dalla parte del benessere di tutti o da quella dell’interesse di qualcuno.

Noi abbiamo deciso. Il 28 novembre e tutte le volte che servirà, saremo al fianco di Scup per resistere ad uno sgombero illegittimo oltre che insensato.

Noi stiamo dalla parte di Scup.