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27-28 agosto: Ventotene di guerra

La nave militare Garibaldi parcheggiata lunedì a fianco di Ventotene, isola di confino degli antifascisti, comunisti, federalisti, partigiani combattenti nei G.A.P. e nell’insurrezione armata che ha sconfitto i nazifascisti liberando molte città italiane. Sequestrata per un giorno la memoria e la forza di un’isola più grande, molto più grande della nave da guerra che l’ha occupata.

Ventotene. Nel carcere di Santo Stefano, nell’isolotto davanti all’isola pontina, furono reclusi gli oppositori dei Borboni a cominciare dai rivoluzionari del 1799, quelli che non furono impiccati come Eleonora Pimentel Fonseca. Ci finirono i carbonari repubblicani e i liberali oppositori di quel bieco regime.

Dopo l’Unità toccò ai socialisti e agli anarchici. Qui fu ammazzato in circostanze mai chiarite, nel 1901, Gaetano Bresci, una vendetta contro chi aveva ammazzato il Savoia ritenuto responsabile politico della strage di Milano, quando Bava Beccaris sparò con i cannoni sui lavoratori che protestavano contro il rincaro dei prezzi e le politiche liberiste del governo dell’epoca.

I fascisti ampliarono il carcere e ci mandarono i vertici e i militanti delle principali forza antifasciste. Oltre a Sandro Pertini, una parte dei fondatori del PCI: Umberto Terracini e Pietro Secchia. Poi al confino sull’isola, non in carcere, ci mandarono Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi che hanno ricevuto in questi giorni una rispolverata vintage. L+ finì anche Giovanni Pesce, il comandante Visone, autore di Senza tregua, partigiano G.A.P. nelle città di Torino e Milano contro i nazifascisti.

A Santo Stefano venivano sepolti gli ergastolani senza patria né famiglia. Santo Stefano è anche la storia di Eugenio Perucatti, l’ultimo direttore del penitenziario che inaugurò, negli anni Cinquanta, la prima critica delle istituzioni totali, quella poi sostenuta da Michel Foucault e Franco Basaglia contro le carceri e i manicomi.

Notizia di oggi: nel carcere di Santo Stefano vogliono fare “una nuova foresteria per le élites di nuovi euroburocrati. Costo del restauro: 80 milioni”. Il carcere speciale dei Borboni e dei fascisti da luogo di reclusione e tortura a luogo di svago e “formazione” degli “euroburocrati”.

La storia: un sottile, tragico paradosso.

*Dal profilo Facebook dell’autore