NELLE STORIE

16 settembre 1976, la “Noche de los lapices” in Argentina

Il 16 settembre del 1976 a La Plata, Argentina, un’operazione della polizia militare portava al sequestro di sei studenti tra i 14 e 17 anni, poi desaparecidos dalla giunta militare.

I sei giovanissimi liceali, militanti dell’organizzazione peronista Unione degli Studenti Secondari, furono sequestrati dallo Stato e internati in differenti campi di tortura in quanto “sovversivi”, ovvero “colpevoli” di lottare per i diritti degli studenti, nello specifico in quanto promotori di una mobilitazione per il riconoscimento del trasporto gratuito per gli studenti, un decreto approvato un anno prima e poi revocato dal governo militare (lotta che è proseguita fino allo scorso anno, quando è stata finalmente e nuovamente approvata la legge, oggi definanziata dal governo Macri con l’obiettivo di annullarla de facto).

Oltre ai sei desaparecidos, Claudio De Acha, María Clara Ciocchini, María Claudia Falcone, Francisco López Muntaner, Daniel Racero e Horacio Ungaro, in quei giorni furono arrestati altri quattro giovanissimi studenti, anch’essi tra i 14 e i 17 anni, tra cui Pablo Diaz, militante della Gioventù Guevarista, uno dei quattro sopravvissuti del gruppo. Grazie alle sue testimonianze questa storia di desapariciòn e torture di Stato è stata successivamente ricostruita, tanto da essere poi pubblicata nel libro “La noche de los lapices”, da cui fu tratto un omonimo film (in italiano il titolo è stato tradotto “La notte delle matite spezzate”).

Uno dei responsabili dell’operazione e dei centri di tortura dove i ragazzi furono detenuti prima della desapariciòn, Miguel Osvaldo Etchecolatz, condannato a sei ergastoli per crimini di lesa umanità (sia per questi fatti che per le responsabilità in moteplici altri casi di tortura e sparizioni, nell’ambito dello sterminio di una generazione politica combattiva), è salito agli onori delle cronache suscitando proteste in tutto il paese lo scorso luglio per la richiesta, accordata ma non resa effettiva, di scontare il resto della pena ai domiciliari per motivi di salute. Va ricordato inoltre che il testimone chiave del processo che ha condannato il genocida Ethchecolatz è Julio Lopez, sequestrato e sopravvissuto durante la dittatura, nuovamente desaparecido per la seconda volta dieci anni fa, mentre era in corso il processo, in tempi di democrazia. Una mostra d’arte, intitolata “Dieci anni con Julio Lopez: dove sei finito?”, che ha visto la partecipazione di decine di artisti argentini ed internazionali, lo ricorda proprio in questi giorni a Buenos Aires, nell’indifferrenza del governo e dei tribunali, mentre il 18 settembre è stata lanciata una manifestazione per chiedere verità e giustizia che attraverserà il centro della capitale argentina per concludersi a Plaza de Mayo. Il nome di Julio Lopez, così come dei sei desaparecidos della “Notte delle matite spezzate”, appaiono insistentemente in queste settimane su stencil, murales e scritte nelle scuole e sui muri della città.

A 40 anni dai fatti, mentre in tante città argentine si scende in piazza per ricordare i sei ragazzi rivendicando con forza la memoria e la lotta dei giovanissimi studenti torturati e desaparecidos dalla dittatura civico-militare, l’attualità delle loro battaglie continua ad essere lampante. Che l’educazione come pratica di liberazione ed emancipazione costituisca un problema per chi vuole imporre il pensiero unico, ieri come oggi, è evidente dalle recenti dichiarazioni del ministro dell’educazione Bullrich, esponente del governo Macri.

Inaugurando un liceo in Patagonia, Bullrich proprio ieri ha dichiarato: “Inauguriamo con Macri una nuova Campagna del Deserto, questa volta non con le spade ma con l’educazione”. Il riferimento è chiaro: si parla dello sterminio degli indigeni della Patagonia, avvenuto con la cosiddetta “Campagna del deserto” nel 1870 guidata dal generale Roca, recentemente “riabilitato” dal quotidiano conservatore La Nacion e dal governo Macri, che ha rivendicato pubblicamente la figura di un militare passato alla storia come genocida. Il “deserto” a cui si riferisce il nome della campagna militare era la Patagonia: peccato che il cono sud del paese non fosse assolutamente un “deserto”, nè un territorio disponibile ad essere conquistato dalla “civiltà” dello Stato Nazione in formazione, ma una terra abitata da migliaia di persone disposte a lottare per difendere la propria libertà, la propria terra e la propria cultura, infine massacrati ed in parte (ma non del tutto, dato che oggi in Patagonia tantissime comunità indigene lottano per le proprie terre e per difendere la propria cultura) sterminate dai militari mandati da Buenos Aires in nome della civilizzazione e dello Stato nazione.

Rivendicare quella infame campagna per pubblicizzare il nuovo corso delle politiche del governo conservatore argentino in materia di educazione la dice lunga tanto sulla cultura politica dei ministri del governo in carica quanto sull’attualità delle lotte degli studenti desaparecidos 40 anni fa, così come dell’importanza delle lotte di quelli che oggi in migliaia ne rivendicano proprio in queste ore il ricordo nelle piazze di decine di città, testimoniando ancora una volta l’importanza della memoria come strumento di lotta. L’accostamento della “Conquista del deserto” alla politica educativa è un fatto aberrante, come se gli studenti, le scuole e università fossero un “deserto” da conquistare. Una logica che presuppone una pedagogia violenta ed autoritaria, disconoscendo volutamente il fatto che gli studenti e i docenti siano soggetti attivi e dotati di senso critico, che le scuole e le università siano spazi in cui sviluppare conoscenze, condividere sapere critico, praticare la libertà di apprendimento ed insegnamento e crescere collettivamente: oggi come ieri, il sapere e l’educazione sono un campo di battaglia.

Dato che sappiamo da che parte stare, oggi ricordiamo con forza quei giovanissimi studenti massacrati dallo Stato: coscienti che la memoria debba continuare ad essere uno strumento partigiano di lotta collettiva, noi non dimentichiamo e siamo al fianco degli studenti che lottano oggi, il miglior modo per ricordare gli studenti desaparecidos di ieri.