NELLE STORIE

15 maggio 1525, Frankenhausen: Omnia Sunt Communia

Il Bauernkrieg, la guerra insurrezionale dei contadini scoppiata l’anno prima, ma preceduta nel lungo periodo da una vera endemia di rivolte locali, di saccheggi, di assalti ai castelli baronali, è giunta al suo epilogo.

Le bande contadine raccolte nel Bundschuh, la Lega dello Scarpone, che sino a qualche settimana prima avevano raccolto anche 300 mila uomini e avevano gettato nel terrore principi, nobili e signorotti di intere regioni della Germania, sono ora ridotte a poche migliaia di rivoltosi, tutti appiedati e male armati.

Hanno di fronte una potente armata che raccoglie le formazioni di cavalieri e soprattutto di lanzichenecchi agli ordini del langravio Filippo d’Assia, del duca Heinrich von Braunschweig e di Giorgio di Sassonia. I contadini vengono sconfitti, e allo scontro vero e proprio segue un efferato massacro, nel corso del quale tutti i prigionieri, non meno di cinquemila uomini, vengono spietatamente decapitati.

Questo gigantesco bagno di sangue pone così una fine a una controversia politica e sociale che a varie riprese si era affacciata alla ribalta della contrastata scena della Germania tardomedievale e protorinascimentale, e che a partire dagli inizi della Riforma luterana si era manifestata sempre più esplicitamente come conflitto di classe tra i contadini e tra i Grundherren e i Leibherren, proprietari terrieri e detentori di diritti feudali.

Un conflitto di portata strategica, all’interno del quale i contendenti avevano sin dall’inizio ben chiari gli obiettivi e le conseguenze di una reciproca vittoria o sconfitta: il mantenimento del vecchio ordine da un lato, o nuove, più libere forme di proprietà o almeno patti agrari più equi e meno oppressivi, come un Manifesto programmatico in 12 punti, elaborato agli inizi della rivolta dai contadini della Foresta Nera con grande lungimiranza chiede.

 

La sconfitta dei contadini apre dunque la strada a un ritorno all’ordine nelle campagne e alla piena “normalizzazione” dei rapporti di lavoro e di produzione in quel mondo che è ancora la base dell’economia tedesca ed europea.

 

Ma Frankenhausen sancisce pesantemente anche un’altra vertenza, altrettanto spinosa e carica di implicazioni, profondamente intrecciata alla prima: quella tra il luteranesimo, che si va sempre più organizzando come “ortodossia” del processo di Riforma, e il primo tra i movimenti di tendenza radicale in conseguenza della “rivoluzione” delle coscienze che la prima riforma ha comunque scatenato.

Alla testa del moto contadino si è messo infatti Thomas Müntzer, giovane ma dottissimo ecclesiastico che sin dai primi momenti della sua adesione alla Riforma non ha mancato di predicare un ritorno a un cristianesimo sempre meno confessionale ed ecclesiale e sempre più basato su un personale rapporto con Dio e con il messaggio di salvezza che passa attraverso il Cristo e il suo sacrificio.

Entrato dapprima nella cerchia di Lutero a Wittenberg e diventato amico di Melantone e di Rudolf Agricola, si è poi avvicinato al millenarismo di Nikolaus Storch distaccandosi sempre di più dalle tesi luterane sul destino dell’uomo e sulla sua salvezza, spingendo il portato delle nuove, sofferte riflessioni teologiche sino ai limiti delle dottrine che riguardano la libertà dell’uomo, le forme della proprietà e i vari ordinamenti sociali.

Si è posto così in diretta polemica nei confronti di Lutero, accusato di essere un difensore dei Principi e dei potenti e un conservatore del vecchio ordine, in contrasto con la lettera e lo spirito dell’evangelo e della rivelazione in essa contenuta.

Tra i due c’è uno scontro sempre più acceso a base di libelli e di scritti dottrinali: sono volate anche parole e insulti. Müntzer non ha esitato a parlare di Lutero come di una “carne senza spirito”, lo ha soprannominato “Padre Soppiattone” e non si è fermato di fronte ad altre definizioni ed epiteti sempre più irriguardosi. Lutero non ha esitato a definire il suo antagonista un Satana e un falso profeta. Nel corso dei suoi primi incarichi come pastore e predicatore, Müntzer ha maturato l’idea che la comunità dei credenti debba diventare un corpo politico attivo e militante e che debba operare per costruire quella comunità cristiana in cui beni e ricchezze siano messi in comune e ci sia vera giustizia. Nel corso di un soggiorno a Praga, ha studiato a fondo Jan Hus e il movimento hussita. Ad Allstedt, cittadina della Sassonia-Anhalt, ha costituito una Lega dei Giusti e incitato i concittadini alla rivolta, ma è stato costretto a fuggire dal conte di Mansfeld, signore della città. Ha cercato di esporre la sua dottrina ai duchi di Sassonia, senza successo.

 

Contro di lui Lutero ha già scritto una Lettera ai principi di Sassonia sullo spirito di sedizione. Unitosi ai contadini in rivolta, ha cercato di trasformare Mühlhausen nella roccaforte del movimento rivoluzionario. Esplicito e senza equivoci il grido di battaglia che propone ai suoi compagni di lotta: Omnia sunt communia.

 

Lutero scrive ora un secondo veemente libello dall’eloquente titolo Contro le bande dei contadini che assassinano e rubano, e un terzo, Una storia terribile e un giudizio di Dio sopra Thomas Müntzer, nel quale la condanna di Müntzer è esplicita e non lascia alcun dubbio sulla fine a cui il teologo deve andare incontro dopo la sconfitta. Il cerchio a Frankenhausen si chiude: il teologo rivoluzionario viene catturato, sottoposto a sevizie e torture inenarrabili e infine, dodici giorni dopo la battaglia, decapitato.

Saranno d’ora in poi i principi a gestire il progredire delle riforme verso un luteranesimo ufficiale e un “protestantesimo” di stato, perché le masse sono ignoranti e anarchiche. Anche se tale indirizzo non sarà sempre lineare e indolore, come dimostrerà il sorgere di lì a qualche anno dell’Anabattismo, anch’esso represso e sanguinosamente sconfitto, ma che in qualche modo si riallaccerà alle tesi di Müntzer.

 

Libri e film

Segnaliamo che al nostro personaggio ha dedicato un bellissimo libro il grande Ernst Bloch, dal titolo Thomas Müntzer teologo della rivoluzione, del 1921, pubblicato da Feltrinelli nel 1981. La data della composizione e la qualità del libro sono tali da garantire a quest’opera un posto assoluto nella ricerca storica e filosofica sulla Riforma e sul pensiero tedesco, e il lavoro di Bloch non va nemmeno per un attimo messo in relazione, anche solo di antecedenza, ai luoghi comuni del culto quasi obbligatorio che nella ex DDR di qualche anno dopo doveva essere prestato a questa figura di rivoluzionario e di “precursore”.

Una raccolta di scritti politici di Thomas Müntzer è stata curata nel 1971 da Emidio Campi per la Claudiana di Torino.

Risale al 1956 un film dal titolo Thomas Müntzer, prodotto e girato nella DDR, ma che sembra non aver mai circolato in Italia.