Grillo™ for Dummies

Grillo™ for Dummies [IT]

L’Italia ha sempre partorito anomalie che poi, in modi diversi, hanno finito per contagiare altri paesi. Da qualche anno a questa parte, nel contesto della crisi economica e del deperimento della rappresentanza politica, da queste parti ha preso piede un partito carismatico retto da un comico-leader, che utilizza la rete e alcuni linguaggi dei movimenti sociali per fare breccia in ampi strati di elettorato delusi dai partiti tradizionali e abbandonati alla solitudine dal neoliberismo. È un fenomeno complesso che non vogliamo liquidare con uno slogan. In compenso, ecco alcuni motivi per diffidare di Beppe Grillo e del suo “Movimento 5 Stelle”.

1. La proprietà del marchio.

Il Movimento 5 Stelle (M5S) è stato fondato il 4 ottobre 2009 dal comico Beppe Grillo e dall’imprenditore ed esperto di web-marketing Gianroberto Casaleggio. Quattro anni prima, sulla scorta del successo ottenuto dagli spettacoli di Grillo, erano nati i forum locali de “Gli Amici di Beppe Grillo”, che si appoggiano sulla piattaforma a pagamento MeetUp. Il funzionamento del M5S è disciplinato da un regolamento che è stato scritto da Grillo e Casaleggio, il cosiddetto “Non Statuto”. All’articolo 3 del “Non Statuto” si stabilisce chiaramente la natura proprietaria dell’organizzazione: “Il nome del Movimento 5 Stelle viene abbinato a un contrassegno registrato a nome di Beppe Grillo, unico titolare dei diritti d’uso dello stesso”.

2. La mancanza di democrazia.

Dalla natura proprietaria del marchio dell’organizzazione deriva la struttura autoritaria del M5S. Nel corso degli anni questa si è manifestata in due modi. Da una parte, Grillo e Casaleggio hanno lavorato per fare in modo che il sito www.beppegrillo.it fosse l’unico organo di comunicazione e organizzazione del Movimento. Un organo che permette di intervenire ai lettori soltanto scrivendo dei commenti in calce ai post, come ogni normale sito di informazione mainstream. Il “Non Statuto” prima e alcune regole stabilite da Grillo poi hanno stabilito che è vietato aprire sedi sul territorio, costruire strutture di comunicazione autonome, partecipare a trasmissioni televisive. Dall’altra, i proprietari del marchio hanno sempre impedito che si tenessero riunioni nazionali del Movimento. Chi ha provato a organizzare assemblee che mettessero in relazione più territori e ponessero la questione dell’organizzazione, è stato espulso. L’espulsione viene decisa esclusivamente da Grillo e dal suo “staff” (che non si sa da chi è composto) e consiste nel divieto di usare il logo, nella più pura logica aziendalista. Chi è stato epurato ha raccontato di aver ricevuto una diffida legale, con la quale si viene diffidati dall’utilizzare il brand del M5S, essendo questo di proprietà di Beppe Grillo.

3. La Rete utilizzata come se fosse la televisione.

Arrivati a questo punto, qualcuno si starà chiedendo come sia possibile che tanto autoritarismo venga scambiato come “democrazia diretta” o “democrazia liquida”. Per comprenderlo, bisogna calare il Movimento 5 Stelle nel contesto sociale e mediatico italiano. Beppe Grillo è un personaggio che è diventato famoso partecipando ai programmi televisivi mainstream del sabato sera. Ha anche girato una serie di spot pubblicitari. Poi, nel 1986, quando aveva raggiunto il massimo della fama e il Partito Socialista lo attaccò duramente per una battuta polemica nei confronti del suo segretario Bettino Craxi, Grillo ha smesso di comparire con regolarità in televisione e ha cominciato a girare l’Italia con uno spettacolo teatrale. Per tutti gli anni Novanta, Grillo è rimasto al centro dell’attenzione degli italiani grazie ad un sapiente gioco di sponda con alcuni programmi televisivi (in primis con “Striscia La Notizia”, il telegiornale comico inventato da Antonio Ricci – il primo autore di Grillo – che va in onda ogni sera su Canale 5, la rete di Silvio Berlusconi). Poi, nel 2004, ha incontrato Gianroberto Casaleggio e ha scoperto il web. È entrato in rete riproducendo gli schemi verticali televisivi e utilizzando le piattaforme di video on demand . Con Grillo, la televisione colonizza Internet. Con lui, milioni di nuovi utenti della rete conoscono un’alfabetizzazione informatica acritica e ideologica. L’egemonia della televisione, che aveva caratterizzato il ventennio breve berlusconiano, trasloca nel Web 2.0. La rete viene trasformata in un’enorme macchina per costruire consenso e conformismo, invece di essere utilizzata per favorire la partecipazione e l’interazione orizzontale tra diversi soggetti.

4. Il liberismo.

Alla radice dell’utilizzo della rete di Grillo c’è una visione profondamente liberista: secondo il comico-leader in rete si costituirebbero le condizioni per la perfetta concorrenza tra le idee, per la migliore allocazione delle risorse e la giusta distribuzione della ricchezza, l’emersione delle “competenze” e il riconoscimento del “merito”. Tutto ciò, per di più, secondo l’ideologia coniata da Casaleggio, dovrebbe avvenire automaticamente senza conflitti sociali o rapporti di forza. È quello che Wu Ming 1, in un articolo scritto nel settembre del 2011, ha inserito in un più ampio scenario e definito “feticismo digitale” (http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=5241).

5. Il primato delle elezioni.

Grillo ha investito il suo capitale di notorietà, accumulato in televisione, sulla Rete. La forza della rappresentazione è in grado di riempire il vuoto della rappresentanza politica. L’ennesima anomalia è rappresentata dal fatto che il Movimento ha cominciato col volere andare “oltre la rappresentanza”, ma ha finito per legittimare la delega, il meccanismo elettorale, la fiducia nel voto come unico strumento per cambiare le cose. Se si seguono le attività e le discussioni del M5S, ci si accorge che al suo interno tutto ruota ormai quasi esclusivamente attorno ai temi del voto e delle campagne elettorali. Per quelli del M5s, non si tratta di cambiare un sistema che non funziona, ma di sostituire i governanti con i “cittadini”, i politici di professione con “persone comuni”.

6. “Né di destra né di sinistra”.

All’inizio, al di là delle modalità organizzative e dello stile della comunicazione, il M5S era animato da temi prevalentemente “di sinistra” come l’ecologia, la partecipazione dei cittadini, il consumo critico, la lotta agli abusi del ceto politico. Spesso, poi, gli attivisti utilizzavano simboli e parole utilizzate anche dai movimenti globali, come la maschera di Anonymous, le bandiere contro la Tav in Val di Susa o le immagini delle piazze della “Primavera Araba” o le acampadas nello Stato spagnolo. Tuttavia, il M5S si è sempre definito “Né di destra, né di sinistra”. Non è un modo per prendere le distanze dai partiti maggiori, unificati dalla sostanziale adesione alle politiche dell’austerity. Le analisi del voto a Beppe Grillo dimostrano che il M5S ha ottenuto il suo primo boom elettorale nella primavera del 2012 raccogliendo i voti degli elettori di destra delusi dal partito-azienda di Berlusconi e dalla secessione xenofoba della Lega Nord. Ciò avviene perché, in nome della rappresentanza di “tutti i cittadini” il M5S sposa anche temi tradizionalmente di destra come la diffidenza verso gli immigrati, il rifiuto della cittadinanza ai migranti di seconda generazione, la richiesta del ripristino della “sovranità nazionale”, la generica protesta contro le “tasse” e la spesa pubblica. In rete circolano le immagini di un dialogo tra un candidato di CasaPound, formazione neofascista, e Beppe Grillo. “Quelli di CasaPound vogliono sapere se sei antifascista”, dice il militante di estrema destra. “Questo è un problema che non mi compete”, risponde Grillo. Le questioni “importanti” sono altre, dice il socio di Casaleggio, tanto che uno di CasaPound potrebbe anche entrare nel suo “Movimento”. Non ci sarebbero problemi: “Voi siete qua come noi”.

Vedi anche, su Giap: Un #Grillo qualunque – WM2 intervista Giuliano Santoro

Giuliano Santoro è autore di Un Grillo Qualunque. Il Movimento 5 Stelle e il populismo digitale nella crisi dei partiti italiani (Castelvecchi, ed. aggiornata 2013).