editoriale

Marino bis, un colpo al cerchio e uno alla botte

Il sindaco Marino nella bufera di Mafia Capitale e il “rimpasto di giunta”. Uno dei primi effetti tangibili del terremoto innescato dall’inchiesta “Mondo di Mezzo” e dal venire alla luce di quella che gli inquirenti hanno ribattezzato Mafia Capitale, è stato far risalire in sella un oramai quasi disarcionato Ignazio Marino. “Il Marziano” esce pulito dal feuilleton poliziesco e il Pd tutto, correnti e capi bastone in testa, sigla una pace non scritta con Marino e fa buon viso a cattivo gioco.

Così, dopo mesi di rinvii e tensioni, arriva il tanto atteso rimpasto di giunta. Dopo l’addio morbido di Luca Pancalli (che aveva la delega allo Sport), quello burrascoso di Rita Cutini (Sociale), dopo aver giù sostituito l’assessore alla Cultura (Giovanna Marinelli per Flavia Barca) e quello al Bilancio (Silvia Scozzese per Daniela Morgante), ma soprattutto dopo l’addio di Daniele Ozzimo, assessore alla Casa dimessosi perché coinvolto nell’inchiesta su Mafia Capitale, oggi il coach Marino ha presentato la sua nuova squadra. E subito si ha l’idea di un colpo al cerchio e una alla botte: da una parte la nomina di Francesca Danese, proveniente dal terzo settore e dal Roma Social Pride, da un colpo a sinistra alla giunta assieme alla delega affidata a Luigi Nieri alle periferie (compito che già ricopri con la giunta Veltroni); dall’altra la nomina del magistrato Alfonso Sabella come assessore alla Legalità, seconda scelta dopo il niet di Giancarlo Caselli, oltre a rassicurare chi vuole pulizia rafforza il profilo legalitario e intransigente della giunta.

Le prime esternazioni di Francesca Danese sono in linea con la sua storia, a cominciare dalla promessa di chiusura dei campi rom. Il punto sarà capire quanto margine di manovra avrà, visto che il governo della città è pesantemente condizionato dai vincoli di bilancio e dal Salva Roma, per rilanciare politiche espansive di welfare e protezione sociale. Senza contare che a lei è toccata anche la delega alla Casa lasciata vacante da Ozzimo che di risposte all’emergenza abitativa e alle battaglie dei movimenti non era riuscita a darne neanche mezza.

Non possiamo invece che guardare con sospetto a Sabella, non tanto per una preconcetta ostilità verso un tutore della legge, quanto perché Sabella vanta nel suo curriculum non solo di essere stato un brillante magistrato antimafia nel pool diretto da Caselli, ma anche di essere stato a capo del Dap ai tempi del g8 genovese e di “non aver visto” le violenze e le torture avvenute a Bolzaneto. Un’idea di legalità quella di Sabella che potrebbe ritorcersi contro i movimenti e gli ultimi, non verso speculatori, corrotti e colletti bianchi.

E noi? Non ci possiamo nascondere che il moto d’indignazione della città di fronte ai fatti che ora dopo ora venivano resi noti da tv e giornali sia stata fin’ora insufficiente, nonostante la manifestazione del 13 dicembre scorso di movimenti e comitati. Il verminaio venuto alla luce, ma che molti, pur non comprendendone a fondo contorni e confini non avendo gli stessi strumenti della magistratura, denunciavano da tempo (a cominciare dal business dei campi rom e dell’accoglienza), ha choccato e anestetizzato allo stesso tempo la città. Tocca quindi rimboccarsi le maniche, consapevoli che la posta in palio sono sempre i beni comuni di questa città che stuzzicano gli appetiti dell’economia legale e di quella illegale (quando le due non si confondono in maniera indistricabile).