editoriale

Il 12 aprile e dopo. È possibile fermare Renzi?

Riflessioni intorno al 12 aprile, sullo scarto e le sfide per i movimenti contro il governo Renzi e l’offensiva liberista

La manifestazione nazionale del 12 aprile, che ci vedrà in piazza a Roma, sarà la prima contro il governo Renzi, ed è indicativo che a indirla e a esserne protagoniste sono di fatto le realtà autorganizzate dei movimenti di lotta per la casa e dei centri sociali. Il corteo pone con urgenza il contrasto a due provvedimenti: la riforma del mercato del lavoro e il piano casa. Il Jobs Act, che porta a termine le riforme iniziate oramai quasi venti anni fa dal famigerato pacchetto Treu, chiude il cerchio della precarietà e della ricattabilità assoluta, istituzionalizzando di fatto il lavoro servile. Il piano casa firmato dal ministro Lupi, non solo garantisce ancora affari agli speculatori e non da nessuna risposta a chi è sotto sfratto o senza casa, ma sferra un attacco diretto e senza precedenti ai movimenti per il diritto all’abitare, laddove nega il diritto alla residenza e alle utenze regolari a chi vive in un’occupazione.

Un’azione di governo, quella di Renzi, caratterizzata, come piace a dire a tanti commentatori, dalla velocità. Un termine che tradotto vuol dire decisionismo e una torsione sempre più autoritaria della governance: le riforme vanno fatte, lo chiedono la Bce e i mercati, è inutile discutere, fidatevi di noi. E allora tutti sull’attenti a dire signor si.
A giudicare dalle condizioni date nelle aule parlamentari questi provvedimenti avranno un iter istituzionale rapido e indolore, tra qualche timida critica interna al Pd e qualche strepito pentastellato. Se poi passiamo dalle aule parlamentari, da cui non c’è davvero nulla di più da aspettarsi, alle forze sindacali non ci viene certo da rallegrarci: Cgil, Cisl e Uil, dopo aver demolito rappresentanza e contrattazione, accettato la riforma Fornero, sul Jobs Act non hanno fatto neanche la voce grossa, figuriamoci convocare un’ora di sciopero per quanto simbolica! Ci viene da pensare che se lo stesso provvedimento lo avesse presentato uno qualsiasi dei governi di Berlusconi qualche sindacato sarebbe sul piede di guerra, con la benedizione di certa sinistra liberista e socialista, di Repubblica & co. Ma i tempi sono cambiati e dove non poté il centrodestra arrivò lo stil novo del centrosinistra e delle “strette intese” che ha fatto piazza pulita di ogni remora.

Se da diverso tempo andiamo dicendo che siamo di fronte ad un cambio di passo nella gestione neoliberale della crisi in Europa, che, in altri termini, dietro la coltre retorica di un allentamento delle politiche di austerità si nasconde la ricerca di altri terreni su cui rilanciare l’accumulazione capitalistica proseguendo nella direzione dello smantellamento del welfare, nella privatizzazione dei commons e nell’istituzionalizzazione completa della precarietà, vogliamo dire che lo scenario che va profilandosi pone ai movimenti sociali una sfida nuova.

Di fronte a questo scenario è necessario uno scarto che dovrebbe interrogare tutte le soggettività di movimento e del sindacalismo conflittuale. Come costruire rapporti di forza capaci di mettere in discussione il piano complessivo di riorganizzazione liberista del governo? E’ possibile farlo, dandosi alcuni obiettivi chiari, come ad esempio bloccare i provvedimenti, che nell’immediato produrrebbero di fatto una “costituzionalizzazione del lavoro servile”?
I mesi che ci separano dall’approvazione definitiva di questi provvedimenti possono essere lo spazio temporale in cui aprire un processo che vada oltre la somma di soggettività organizzate e di lotte radicate nei territori, punti di forza e di accumulo fondamentali, ma da soli insufficienti.
Per contrastare efficacemente quest’offensiva di governo e padroni abbiamo bisogno di un movimento che sia in grado di paralizzare le strade e il paese, di trasformarsi in tumulto e rivolta li dove sia necessario, di essere irrappresentabile e costituente insieme. Un movimento con un grande protagonismo della generazione più colpita dal “governo dei giovani”, ma che abbia la caratteristica della coalizione. Con uno a fianco all’altro studenti e partite iva, migranti e docenti, operai e artigiani, intermittenti e disoccupati. I poveri e gli impoveriti, ex garantiti e mai garantiti, nuovi e vecchi precari.

Gli importanti appuntamenti dei prossimi mesi, dal primo maggio alla settimana di lotta europea, dal corteo nazionale contro le privatizzazioni del 17 maggio al vertice sulla disoccupazione giovanile di Luglio, possono essere un’occasione per produrre questo scarto. Per stare all’altezza della sfida, non possiamo navigare da scadenza a scadenza, ma è necessario dotarsi di spazi organizzativi e decisionali aperti e abitabili da molti e diversi, costruire una piattaforma non generalista, con obiettivi chiari e condivisi, in cui milioni di persone possano riconoscersi, serve rimettere insieme immaginazione politica e innovazione nelle pratiche.